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LUCIA MARCUCCI

LUCIA MARCUCCI

Archivi tag: Scrittura

IL COLLAGE FILMICO / THE FILM COLLAGE

24 sabato Giu 2023

Posted by Lucia Marcucci in Opere, Scrittura

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Antonio Bueno, Arte Contemporanea, Cinepoesia, Contemporary Art, Eugenio Miccini, Gruppo '70, Lamberto Pignotti, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Momenti emozionanti, indimenticabili! Eppure avevo preparato il tutto giorni prima essendo andata presso un noleggio di film per parrocchie e case del popolo; il gestore, gentilissimo, mi aveva regalato sei o sette pizze (contenitori di pellicole 16 mm) che avevo presto visionato attraverso la moviola per scegliere i brani da usare atti a comporre il collage. Mi ero procurata anche una macchinetta che adoperavano quelli che restauravano gli strappi alle pellicole (vi ricordate quando nelle sale cinematografiche ad un tratto facevano luce e dovevamo aspettare il rappezzo? Anni…1950 o giù di lì). I momenti emozionanti stavano per cominciare: nel mio studio avevo teso dei fili da una parte all’altra della stanza per appendere i primi pezzi di pellicola. Dondolavano accattivanti quasi a stuzzicare il mio senso di sperimentazione ultra coraggiosa. Se ne stavano lì, forse troppi, di lunghezze variabili, si avvolticchiavano a mo’ di serpenti… ci passavo sotto, ci ripassavo dando occhiate quasi spaventate e cercando di individuare quali erano i più interessanti per iniziare il primo incollaggio. Emozione a non finire! Altro che panico del foglio bianco, questo era vero e proprio terrore! Incollare poteva essere definitivo già, perché la macchinetta si doveva usare con una colla particolare ed una volta messa non poteva essere rimossa; rischiavo di perdere fotogrammi e magari i più interessanti! Ma iniziai. Il giorno dopo chiamai i miei compagni del Gruppo (Bueno, Miccini e Pignotti), dovevo essere confortata e aiutata; ciò avvenne con la massima approvazione e collaborazione. Nacque il primo film collage Volerà nel ’70 e gli altri seguirono in collaborazione con Pignotti o da sola. Ma nel novembre del ’66 l’alluvione spazzò via e rovinò le pellicole, la macchinetta, la moviola… tutto il mio studio fu sommerso. Salvai delle poesie visive che fortunosamente avevo portato ai piani superiori della mia casa per farle vedere a una mia zia; qualche pellicola la ritrovai i giorni successivi al disastro ma non ricordo di averla adoperata. L’opera sul collage filmico fu così compiuta e terminata nel breve spazio di una felice stagione.

Giuntatrice Ferrania 16mm

Exciting, unforgettable moments! Yet I had prepared everything days before having gone to a film rental for parishes and people’s homes; the manager, very kind, had given me six or seven pizzas (containers of 16 mm film) which I had soon viewed through the slow motion to choose the tracks to use to compose the collage. I also got a machine that used those who restored the tears to the films (do you remember when in cinemas all of a sudden they shed light and we had to wait for the patch? Years… 1950s or thereabouts). The exciting moments were about to begin: in my studio I had strung threads from one side of the room to the other to hang the first pieces of film. They rocked captivatingly as if to whet my sense of ultra-brave experimentation. They were there, perhaps too many, of varying lengths, coiled like snakes… I went under them, I went over them, giving almost frightened looks and trying to identify which were the most interesting to start the first gluing. Endless emotion! Other than panic of the blank sheet, this was real terror! Pasting could already be definitive, because the machine had to be used with a particular glue and once it was put it could not be removed; I risked losing frames and maybe the most interesting ones! But I started. The next day I called my team mates (Bueno, Miccini and Pignotti), I had to be comforted and helped; this happened with the utmost approval and collaboration. The first collage film Volerà was born in the 1970s and the others followed in collaboration with Pignotti or alone. But in November 1966 the flood swept away and ruined the films, the camera, the slow motion… my entire studio was submerged. I saved some visual poems that luckily I had taken to the upper floors of my house to show them to an aunt of mine; I found some film in the days following the disaster but I don’t remember having used it. The work on the film collage was thus completed and finished in the short space of a happy season.

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Lucia Marcucci – Visuelle Poesie als eine neue Form von Sprache.

20 martedì Giu 2023

Posted by Lucia Marcucci in Opere, Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura

Der Abdruck des Körpers ist Beunruhigung, Beklemmung und Unbehagen an der materiellen und natürlichen Sperrigkeit, die wir doch in uns tragen und die wir überall verrücken und einpassen müssen. Die körperliche Gegenwart von Künstler oder Künstlerin im politischen Kontext der Masse, des Publikums: sein oder ihr rohes, ungeglättetes Zeugnis, so belassen, wie es ist, hinsichtlich der kulturellen Konstruktion ihrer jeweiligen Umgebung. Der Körper und die Triumphbögen, der Körper und der Wolkenkratzer, Körper und Buch, Körper und Skulptur, Körper und politisches Sym- bol, der Körper und die Fotografie des Körpers, der Körper und der Held, der Körper und die vom „kulturellen Tier” veränderte Landschaft: Mensch und Technologie. Die Botschaft wird formuliert anhand eines neuen Codes, anhand der Iteration von Elementen, die nebeneinander bestehen müssen: Materie, Vorstellungskraft und Technik. Das Werk der visuellen Poesie hat seinen Ursprung mithin nicht in der Literatur oder Malerei, sondern ist autonomes Werk menschlicher Auseinander-setzung mit den Massenmedien.’

Lucia Marcucci – Il paesaggio falso (1976)

Lucia Marcucci, Visuelle Poesie als eine neue Form von Sprache, 1973.

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L’ARTE! / THE ART!

18 domenica Giu 2023

Posted by Lucia Marcucci in Archivio documenti, Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

La mia strega, la mia dea, la mia setta, il mio amato mago è l’arte con tutti i suoi trabocchetti, i suoi cerchi e le sue contraddizioni. Navigare in un mare tempestoso con furibondi venti di maestrale su una zattera sottile spazzata da onde terrificanti, approdare nell’isola del sogno… l’arte! e ancora essere strapazzati da vicende piene di trappole e d’inganni: l’arte!

In quanto al mio lavoro, con le opere di poesia visiva, credo di andare al di là della scrittura, sono convinta che c’è meno travestimento, meno tradimento, meno mascheramento, sono più veritiere: la poesia visiva è una sfera di comunicazione che esclude la natura falsificante della scrittura, del demone della scrittura. Ma non voglio esaminare qui la mia opera, sono solo convinta di fare arte e ciò mi basta. Il problema è il fare arte, il perché fare arte: bisogno di trascendenza? bisogno di esorcizzare la morte? bisogno di totem?

La libertà nell’arte (2010)

My witch, my goddess, my sect, my beloved wizard is art with all its pitfalls, circles and contradictions. Sailing in a stormy sea with furious mistral winds on a thin raft swept by terrifying waves, landing on the island of dreams… art! and still being overwhelmed by events full of traps and deceptions: art!

As for my work, with works of visual poetry, I think I go beyond writing, I am convinced that there is less disguise, less betrayal, less masking, they are more truthful: visual poetry is a sphere of communication that it excludes the falsifying nature of writing, of the demon of writing. But I don’t want to examine my work here, I am only convinced that I am making art and that is enough for me. The problem is making art, why making art: need for transcendence? need to exorcise death? need totems?

Lucia Marcucci – La libertà nell’arte, Museo della Carale Accattino, Mimesis Edizioni, 2010

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Lucia Marcucci. POESIE E NO [testo curatoriale di Frida Carazzato]

10 sabato Giu 2023

Posted by Lucia Marcucci in Eventi

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Antonio Bueno, Arte Contemporanea, Contemporary Art, Emilio Isgrò, Enrico Sirello, Eugenio Miccini, Frida Carazzato, Giuseppe Chiari, Gruppo '70, Lamberto Pignotti, Lotta Poetica, Lucia Marcucci, Marcatrè, Mart, Mirella Bentivoglio, Museion, Paolo della Grazia, Paul de Vree, Poesia Visiva, Poesie e no, Romana Loda, Sarenco, Scrittura, Sylvano Bussotti, Tèchne, Visual Poetry

In un’Italia in pieno fermento da boom economico e che vibra assieme ad altri paesi per i movimenti studenteschi e pacifisti del ’68, gli artisti e le artiste non potevano certo esprimersi secondo i mezzi tradizionali, ma rispondono a questo movimento con un nuovo linguaggio tecnologico e puntando su una nuova definizione di interdisciplinarità. La parola acquista attenzione e diventa non solo un veicolo, ma si fa oggetto che può essere usato da chiunque – in particolare anche da chi prima ne era priva – e in spazi sempre diversi. È una parola poetica, perché poesis produce spazi, immagini, opere ma è anche altro. Una congiunzione semplice – e – ne amplia le possibilità. Poesie e no vede diverse albe nel 1963 in particolare una versione in un teatro di Livorno gestito da un padre gesuita. Si tratta di una performance in cui una giovane Lucia Marcucci che vive pienamente gli effetti del secondo dopoguerra, assieme a Giuseppe Chiari e Sylvano Busotti che ne curano la musica, Antonio Bueno, Lamberto Pignotti ed Eugenio Miccini con la regia di Enrico Sirello, mette in scena una poesia-spettacolo. Seguiranno altre presentazioni in giro per l’Italia, e altri interpreti-attori si aggiungeranno (per esempio Emilio Isgrò). In scena, oltre ai brani alternati da poesie, citazioni letterali e pubblicità raccolte in copioni, si aggiungono diversi oggetti, ma anche dei poster tecnologici di Marcucci che verranno strappati nel corso della performance. Il collage visivo e sonoro di Poesie e no, è da una parte una sorta di innesto della ricerca del linguaggio sulla scia della tradizione dada e futurista attuata dal Gruppo ’70, di cui Lucia Marcucci è stata parte. Ma è anche espressione dell’indole “non lineare” dell’artista che, come si legge nella sua biografia, afferma “le abitudini mi annoiano, sapere già cosa potrà succedere mi irrita, ho bisogno di pensieri avventurosi, anche nelle piccole cose di tutti i giorni”.

Lucia Marcucci – Passione e miliardi (1966) – Collezione Museion, Archivio di Nuova Scrittura

Poesie e no diventa così il titolo della mostra dedicata a Lucia Marcucci, nata a Firenze nel 1933, dove ancora vive, in occasione del suo novantesimo compleanno. Un focus che ripercorrere attraverso alcuni preziosi documenti originali provenienti dal suo archivio, l’attività di scrittrice e di membro fondativo del collettivo fiorentino Gruppo 70, fino alla sua attività artistica intrapresa in maniera indipendente sul linguaggio e la poesia visiva quando oramai il gruppo si sciolse e altri incontri caratterizzarono il percorso di Marcucci, come quello con Romana Loda o Mirella Bentivoglio. In questo senso la “e” presente nel titolo della mostra e nel titolo della serie di performance che si tennero dal 1963 al 1967, testimonia questo mescolamento tra cultura “alta” e cultura “bassa”, tra linguaggio letterario e quello della quotidianità e dei mezzi di comunicazione di massa, tra testo e immagine, tra pittura e collage, tra donna oggetto e donna che diventa soggetto, tragicità e ironia.
In questo percorso attraverso il ventennio 1960-1970 di produzione di Lucia Marcucci, che fa eco in maniera esemplare alle ricerche del nucleo più ampio di opere, edizioni e ricerche dell’Archivio di Nuova Scrittura donato da Paolo della Grazia alle collezioni di Museion e MART, un accento particolare è dato alla modalità con cui l’artista ha lavorato con la parola. Per questo motivo oltre alle opere più iconiche di Marcucci quali sono i collage, la sua attività di scrittrice e di performer è portata nella mostra sullo stesso piano. Trovano così spazio le riviste con i suoi contributi, da “Tèchne” fondata da Eugenio Miccini come laboratorio dello sperimentalismo verbo-visivo, “Marcatrè” rivista di cultura contemporanea legata al Gruppo 63 a “Lotta Poetica”, fondata da Sarenco e Paul De Vree con l’obiettivo di diffondere la poesia visiva e le più recenti sperimentazioni poetiche a livello internazionale. Inoltre, le sue poesie pubblicate anche in altre raccolte, gli strumenti che hanno permesso la creazione delle cinepoesie e i bozzetti preparatori per le successive tele emulsionate o i cartelli stradali veri e propri ready-made modificati a favore della poesia. L’esplorazione della parola nelle sue diverse declinazioni parte sempre e comunque da un inequivocabile atteggiamento critico e contestatore, a volte marcatamente militante eppure, sempre ironico e libero. Queste caratteristiche hanno ispirato il display della mostra curato dallo studio grafico bruno di Venezia, che volutamente definisce uno spazio per poi attuare uno spostamento e una fuoriuscita.

Lucia Marcucci – Il paesaggio falso (1976)

Si collocano invece in un’altra parentesi temporale più vicina ai giorni nostri, le opere esposte al Piccolo Museion – Cubo Garutti. Si tratta di immagini iconiche della storia dell’arte stampate su tela e arricchite da interventi pittorici che giocano con queste immagini ampliando la loro espropriazione da parte della cultura di massa.

Testo e cura: Frida Carazzato

MUSEION, Bolzano/Bozen, 09.06.2023 – 03.09.2023

© Riproduzione riservata

DIARIO DI VIAGGIO NELL’UNIVERSO POESIA VISIVA / TRAVEL LOG THROUGH THE VISUAL POETRY UNIVERSE

14 venerdì Apr 2023

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Molti collezionisti, qualche gallerista e alcuni giovani critici chiedono ancora l’iter più privato, anche individuale, di questa poesia totale e segno totale (Achille Bonito Oliva in occasione della presentazione in catalogo della mostra La parola nell’Arte al MART di Rovereto 2007) che si configura come poesia visiva. L’iter della poetica può apparire abbastanza scontato: rivisitazione e proseguimento delle sperimentazioni futuriste, dadaiste, costruttiviste, dei primi anni del novecento ma, e questo è l’innovazione, il tutto da contaminare e veicolare decriptandolo attraverso la presa di coscienza del contesto mediatico imperante nel preciso momento fattuale. Il momento storico è situato ai primi anni del ’60 nei quali il boom economico mise la società davanti alla scelta del consumismo ebete e consolatorio e/o dei movimenti di ribellione critica agli stessi, in più la ancora latente guerra nel Vietnam con le conseguenze politiche che cominciavano ad affiorare nella comunità globale non ancora consapevole dei risultati tragici che avrebbe portato. Da ovest a est la guerra fredda si andava scaldando… la guerra dei bottoni e del primo dito che avesse premuto quello rosso viaggiava sul filo delle comunicazioni telefoniche. Certamente il clima politico era estremamente caldo: dovevamo scegliere su quale carro armato montare, non di sicuro con i fucili, ma con le testimonianze e le idee. Ci trovammo di ciò consapevoli e convinti: fare la nostra rivoluzione artistica e letteraria fu il programma contenuto nel manifesto che compilammo e che perseguimmo con le opere tecnologiche, poi con la poesia visiva.

Il Gruppo ’70 si costituì a Firenze nel 1963 dopo vari contatti, convegni e dibattiti avvenuti al Gabinetto Viesseux, al Forte Belvedere, nei vari circoli culturali e Case del Popolo dove tenevamo anche happenings per compagni con tessera e dove scandalizzavamo gli stessi con frasi, atteggiamenti e dichiarazioni non proprio in riga con i dogmi del PCI. Sapevamo che per la base degli iscritti gli intellettuali erano sospetti e, di conseguenza, poco graditi; noi cercavamo di stuzzicarli per promuoverne l’impegno in un più ampio universo critico-culturale perché, anche a quei tempi, risultava un po’ sopito. Disdegnavamo Lukásc ma discutevamo appropriandoci di citazioni dai testi di de Saussure, Marcuse, Benjamin; la semantica e l’ostranenje erano i nostri cavalli di battaglia, l’interdisciplinarità e, di conseguenza il meticciato, i nostri cibi mentali quotidiani. Non mancavano i furibondi denigratori armati di una salace vena ironica e iconoclastica tanto ardita da cambiarci, sul luogo, le opere in mostra con scritte e collages artificiosi e fasulli (devo averne un esempio che ho conservato cimelio-ricordo di una stagione irripetibile), perfino ai nostri cognomi venivano aggiunte rime e sollazzi; una nutrita serie di lettere anonime siglate il triangolino verde ci perseguitò per alcuni mesi… gli autori erano quattro avvocati nullafacenti in vena di scherzi. Presto uscimmo dal clima provinciale di Firenze: iniziammo a ricevere moltissimi inviti di partecipazione a mostre, dibattiti, convegni nazionali e internazionali.

Tutte esperienze dalle quali si è via via consolidato il mio lavoro permettendomi, mantenendo costantemente la stessa poetica, di intraprendere nuove tecniche e sperimentazioni. Non sempre mi sono avvalsa del collage cartaceo ma neanche l’ho abbandonato: per la mostra Supervisiva preparai numerosi bozzetti che furono variati con le più aggiornate tecnologie computeristiche; una nuova, coraggiosa svolta della mia opera. Nel tempo (intorno agli anni ottanta) ho anche usato tele spaziose che chiamavo maxipagine dove riproducevo in colori acrilici icone dei media, poi grandi cartelloni pubblicitari su tela manipolati ad arte per rimandare, cambiato di segno, lo stravolto messaggio al mittente con esiti abbastanza spiazzanti e talvolta curiosi. La voglia di sperimentare non mi viene mai meno: non ho mai sopportato di ripiegarmi su me stessa riproducendo all’infinito ciò che magari avrebbe chiesto il mercato. Sono andata libera da ogni condizionamento per lasciarmi ampi margini di gioco in cui chiudevo il momento causa di ogni esperienza d’opera e, ogni volta, era una sorpresa: il fine talora mi entusiasmava e continua a entusiasmarmi.

Il tema romantico della poesia (1974)

Many collectors, a few gallery owners and even some young critics still a about the more private, even individual, course of this total poetry and total sign (Achille Bonito Oliva, in the introduction in the catalog of the La parola nell’Arte show at the MART in Rovereto 2007) that emerges as visual poetry. The course of the poetics could appear somewhat predictable: revisitation and continuation of the Futurist, Dadaist, Constructivist experiments of the early years of the twentieth century, but – and here lies the innovation – all to be contaminated and channeled, decodifying it, through awareness of the media context dominant at the precise factual moment. The historic moment is the early Sixties, when the economic boom posed society the choice between obtuse and consoling consumption and/or movements of revolt critical of the same, in addition to the latent Vietnam war with the political consequences that began to surface in the global community not yet aware of the tragic results it was to lead to. From West to East the Cold War was waming up… the war of the buttons and of the first finger that was to press the red one travelled along the telephone lines. The political climate was certainly extremely warm: we had to choose which tank to clamber onto, obviously not with rifles but evidence and ideas. We were conscious and convinced: making our artistic and literary revolution was the program contained in the manifesto we drafted and pursued through the technological works, and then with the visual poetry.

The Gruppo ’70 was set up in Florence in 1963 after various contacts, conferences and debates held at the Gabinetto Viesseux, at the Forte Belvedere, in the various cultural circles and Case del Popolo where we also ran happenings for card-bearing comrades where we scandalized them with words, attitudes and statements that were not exactly in line with the dogmas of the PCI. We knew that for the grass roots members intellectuals were suspect and hence unwelcome; we sought to goad them, to stimulate engagement in a broader critical-cultural universe because, even at that time, it was somewhat subdued. We spurned Lukács, but we peppered our debates with quotations from de Saussure, Marcuse and Benjamin; semantics and ostranenje were our war-horses, interdisciplinarity, and consequently cross-breeding, our mental daily fare. Naturally we did come up against cases of enraged disparagement and people armed with such a pungent and iconoclastic irony that they would even modify the works on show, there and then, with bogus and artificial legends and collages (I must have some examples tucked away somewhere as mementoes of a truly unrepeatable time). Sometimes even our surnames would be adorned with rhymes and sneers. We were persecuted for several months by a whole series of anonymous letters signed the green triangle… the authors turned out to be four layabout lawyers in the mood for a laugh. Soon we got away from the provincial climate of Florence, and we began to receive lots of invitations to take part in shows, debates and national and international conferences.

All these experiences gradually went to consolidating my work, enabling me – while constantly maintaining the same poetic – to undertake new techniques and experimentations. I didn’t always use paper collage, but nor did I abandon it. For the Supervisiva exibition I prepared numerous sketches which were varied with the most up-to-date computer technologies; a bold new twist in my work. Over time (around the Eighties) I also used big canvases that I called maxipages where I reproduced media icons in acrylic colours, and the big advertising hoardings on canvas, artfully manipulated to return to sender the, reversed, distorted message, with disturbing and at times curious results. My desire to experiment has never faltered: I’ve never been able to bear the idea of resting on my laurels and repeating ad infinitum maybe what the market wanted. I have always kept free of conditioning, leaving myself ample leeway in which to encapsulate the causal moment of each artwork experience, and every time it was a surprise: I found the end exhilarating at times, and I still do.

© Riproduzione riservata

IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 55

23 giovedì Mar 2023

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Avrebbe visto veramente tutto ciò che il mondo geografico offre? A quella domanda la perplessità nei suoi occhi si tagliava greve con il coltello; eppure era orgogliosa dei suoi innumerevoli viaggi turistici corredati da annesse avventure ma all’interrogazione il vuoto cerebrale e lo sconcerto si evidenziava: come fare oramai, ché l’età era abbastanza avanzata, a colmare quelle tristi lacune? Certamente la collezione difettava di chissà quante cartoline, fotografie e souvenir che, nonostante la grave mancanza, quelle reperite si mostravano in bella vista sui vari scaffali della borghesissima, lucida e ordinatissima abitazione della poveretta. Il suo ambizioso racconto e le annesse memorie sul giro del mondo le stavano dando una grave delusione: le mancavano innumerevoli siti da visitare! Inoltre si era accorta che non aveva visto e visitato niente del suo paese; dietro l’angolo, c’era da giurarci, non sapeva quale meraviglia architettonica sorgeva, conteneva e rifletteva paradisi d’arte e sterminate biblioteche! Chincaglierie etniche incluse. Nessun passo in avanti aveva fatto il suo patrimonio culturale, la sua intelligenza era rimasta immobile, priva delle più basilari esperienze di vita vera, la sua percezione ferma alle immagini più banali, tipiche del pessimo gusto ridondante nel percorso turistico più frequentato. Le spiagge le aveva sfiorate con il piedino, l’acqua intravista così limpida e verde che era un peccato tuffarcisi, non c’era mai tempo di rilassarsi perché il tour incalzava… via, via che c’erano da scorgere tante altre cosette! Oramai gli occhioni spalancati non guizzavano vivaci ma erano opachi e stanchi di avere guardato senza capire.

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LA MIA OPERA / MY WORK

09 giovedì Mar 2023

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Ho molti dubbi sull’impostazione del mio “vivere”, ma non ho dubbi sulla continua mutazione e trasgressione – ludica – della mia opera.

Lucia Marcucci – Valle del Sestaione (1949)

I have many doubts about the setting of my “living”, but I have no doubts about the continuous mutation and transgression – playful – of my work.

© Riproduzione riservata

IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 54

22 mercoledì Feb 2023

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Centocinquant’anni dopo la morte di Genghis Khān, il più vasto impero della terra continuò, i discendenti mongoli, facendo tesoro dei suoi insegnamenti e delle sue strategie, seppero resistere alla pressioni soprattutto cinesi e il deserto del Gobi fu ancora, per secoli, il loro ombelico del mondo. Il mistero del Khān, che non subì mai sconfitte, arriva fino ai nostri giorni e proprio in Mongolia stanno rivalutando la sua figura storica su cui aleggia un particolare alone di deità, o meglio di sciamaneria. Molti hanno cercato la sua tomba che la leggenda vuole corredata di un favoloso tesoro ma, delusi costantemente dalle poche scoperte di scheletri improbabili perché troppo alti, troppo remoti o femminili, son rimasti sino ad ora a mani vuote ed a storia negata. Ultimo scoop il ritrovamento di alcuni resti, in un villaggio ai bordi del Gobi, sia umani che murari, indicherebbero tracce di civiltà romana, cioè una sparuta truppa di soldati romani, chissà come giunti, certo a cavallo, stanziò in quel luogo forse per anni, a riprova di ciò le fotografie di alcuni ragazzini mongoli biondi! Inoltre un numero cospicuo di scienziati avrebbero analizzato il DNA degli stessi convalidando quelle ipotesi. Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi: a quanto sembra invece se l’EROE non c’è sul momento si va a ritrovarlo nella notte dei tempi, e se non ci fosse stato s’inventa. Il tutto corredato da cavalieri e cavalli fantasma che percorrono il deserto arido e allucinatorio in folli corse e combattimenti verso un nemico che non c’è più.

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IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 53

01 mercoledì Feb 2023

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

A gioco fatto non si guarda per il sottile, bisogna prendere il risultato così com’è. Lo sapeva bene la Sciamana e ineluttabilmente non poteva far altro che guardare allibita quel che gli uomini terrestri avevano perpetrato e concluso. I suoi voli divenivano giorno giorno più pesanti, le sue ali faticavano a librarsi, l’aria era soffocante per tutte le polveri sottili che la impregnavano, le macchie solari si erano fatte più turbolente, i venti alisei sempre più rari. Volare per il cielo era un’impresa tutt’altro che inebriante ma restavano le cime dei ghiacciai dove l’aria rarefatta dava una leggera ubriachezza e lì la sciamana ritrovava il suo sorriso anzi le sue risate fragorose. Purtroppo nessuno la poteva sentire, nessuno la poteva vedere, solo qualche aereo frettoloso passava svelto, incurante della bianca pennuta un po’ spennacchiata, talvolta lo spostamento d’aria le toglieva qualcuna delle poche penne che ancora rimanevano sul suo corpo stanco. Non poteva fare nulla, i suoi telepoteri erano svaniti, i riti a base di fumo, sangue, danze, salitine rapide sulla scala per arrivare all’arcobaleno, smembramenti, seppellimenti e rianimazioni erano ormai solo nei suoi ricordi. Allora il gioco era proprio fatto? Qual era il risultato? Il significato dei suoi ininterrotti voli non se lo domandava, era spaventatissima di non potersi dare la risposta.

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IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 52

18 mercoledì Gen 2023

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Superiore a una quantità notevole di bravi, un tecnico informatico si prodigava giorno dopo giorno a riparare scanner, stampanti, computer, macchine fotografiche digitali e ogni altro repertorio inerente alle forme informatiche. Tant’è che in uno speciale momento restò incantato, ipnotizzato, basito davanti a uno di questi apparecchi infernali e, non riuscendo più a volgere lo sguardo, finì per essere un tutt’uno con la satanica macchina. Tentarono di staccarlo arrivando perfino a convocare i migliori chirurghi del momento ma non ci fu nulla da fare: era talmente incastrato e quasi incorporato in quella che era stata una stampante che risultava impossibile riuscire a separarli. La stampante aveva ripreso a stampare e non smetteva, anzi la sua funzione risultava diabolicamente perfetta: i lembi del povero corpo del tecnico erano vergati con i tanti caratteri: neretto, corsivo, bodoni, gotico… perfino colorati e diversificati nelle dimensioni, sembrava una piccola rotativa inistancabile, si riusciva persino a leggere le frasi che si evidenziavano spesso con il rosso. La frase più ricorrente era “a fare il bravo è il più bravo”. Presto iniziò a colare il sangue, la pelle della vittima era logorata sempre di più dal frenetico lavorio, cosicché divenendo sempre più sottile i vasi sanguigni schizzavano divelti. Non c’era proprio niente da fare, rimaneva una pietosa sepoltura da dare a entrambi.

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Lucia Marcucci – Poesia Visiva

La mia poetica consiste, attraverso la parola e il segno, nella rielaborazione letteraria e pittorica, ma soprattutto critica, dei mass media (immagini, slogans, linguaggi variamente persuasori e mistificatori del sistema sociale contemporaneo).

My poetics consists, through the word and the sign, in the literary and pictorial, but above all critical, reworking of the mass media (images, slogans, variously persuasive and mystifying languages ​​of the contemporary social system).

Ma poétique consiste, à travers le mot et le signe, dans le remaniement littéraire et pictural, mais surtout critique, des médias de masse (images, slogans, langages diversement persuasifs et mystifiants du système social contemporain).

Meine Poetik besteht mittels Wort und Zeichen aus der literarischen und bildnerischen, vor allem aber kritischen Aufarbeitung der Massenmedien (Bilder, Parolen, unterschiedlich überzeugende und mystifizierende Sprachen des zeitgenössischen Gesellschaftssystems).

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