Programma di Alessandra Tortosa che tratta temi storico, artistici e di costume dell’Alto Adige. Analizza i diversi aspetti culturali del nostro territorio e ne racconta la storia. Avvalendosi anche di musiche di autori locali propone itinerari naturalistici e artistici, infine presenta piccoli “tesori” dell’archivio Rai. | Rai Alto Adige Südtirol | Bolzano | 2023
Lucia Marcucci – Poesia (1965)
Due mostre dedicate a Lucia Marcucci, una delle maggiori esponenti italiane della Poesia Visiva, in occasione del suo novantesimo compleanno: al Museion e ad Ar/Ge Kunst; saranno presenti le curatrici Frida Carazzato, Francesca Verga e Zasha Colah, l’artista Wissal Houbabi e la docente della Lub Elisa Pasqual.
POESIE E NO / LUNA – PARK (1966) | Teatro Universitario – Salone degli Specchi | Venezia
POESIE e NO – A cura di Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti. Testi di Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti. Azione pittorica di Antonio Bueno. Teatro Universitario, Ca’ Foscari, Venezia.
LUNA – PARK – Con Baj, A. Bueno, Bugli, B. Oliva, S. Bussotti, Chiari, Del Pezzo, Guala, Loffredo, L. Marcucci, Matarese, Melani, Miccini, Moretti, Paladino, Pascali, Persico, Pignotti, Raffaele, Ximenes, G. Ziveri. Salone degli Specchi, Ca’ Giustinian, Venezia.
Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci: un percorso spiazzante, aperto al pubblico a partire dal 6 maggio 2023, che rilegge le opere raccolte dal Centro, selezionandone oltre 50 tra le circa 1200 acquisite o donate dal 1988 a oggi. Fontana,Boetti, Warhol, Richter, Kounellis, Bonvicini, Schnabel e Fumai, questi alcuni dei grandi artisti presenti nella collezione.
Per la prima volta un’ala degli spazi espositivi viene dedicata in modo permanente alla presentazione delle collezioni. Firma il progetto del display lo studio Formafantasma secondo criteri di sostenibilità e accessibilità, tematiche che ispirano l’azione di direzione artistica nella proposta del Centro. L’Ala grande Nio (dall’architettura realizzata nel 2016 da Maurice Nio) si trasforma così in un luogo ancora più inedito per vivere il Centro Pecci, raccontare Prato e conoscere l’arte contemporanea dal dopoguerra a oggi.
Artisti in esposizione: Vito Acconci, Archizoom, Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Mirella Bentivoglio, Edo Bertoglio, Alighiero Boetti, Monica Bonvicini, Giulia Cenci, Daniela De Lorenzo, Sylvie Fleury, Lucio Fontana, Chiara Fumai, Marco Gastini, Nan Goldin, Dmitri Gutov, Ilya Kabakov, Anish Kapoor, Kinkaleri, Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Nanda Lanfranco, Paul Etienne Lincoln, Jacques Lipchitz, Francesco Lo Savio, Lucia Marcucci, Silvia Mejía, Verita Monselles, Liliana Moro, Robert Morris, Mimmo Paladino, Gianni Pettena, Gerhard Richter, Julian Schnabel, Superstudio, Francesco Torrini, UFO, VALIE EXPORT, Andy Warhol.
Lucia Marcucci – Un proverbio cinese (1964)
A cura di Stefano Collicelli Cagol
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 6 maggio – 15 ottobre 2023
APALAZZOGALLERY è lieta di presentare Il Significato della Poesia, prima personale in galleria dell’artista Lucia Marcucci (Firenze, 1933), che apre al pubblico mercoledì 24 maggio 2023. La mostra comprende opere storiche che datano dai primi anni Settanta, fino ad arrivare a lavori recenti degli anni Duemila e a opere su carta di soggetto sacro che raramente hanno fatto la loro comparsa nelle mostre di Marcucci. Gli stendardi così come i manifesti pubblicitari creati con la tecnica del collage sono protagonisti della rinnovata critica alla società contemporanea, sfruttando l’ironia della Poesia Visiva. Sono presenti in mostra anche i celebri libri oggetto/soggetto realizzati tra gli anni Novanta e inizio anni Duemila, che si pongono a metà tra le opere su carta e l’oggetto libro, coscienti della mutazione del linguaggio. La parola, così presente nelle opere a parete di Marcucci, diventa nei libri quasi assente, per lasciare posto a colori vivissimi e a forti elementi scultorei.
Lucia Marcucci – Il significato della poesia (2006)
“Nei miei intendimenti l’opera doveva essere un “volgare” il più vicino al mondo d’oggi, un “volgare” però carico, pregnante, politicizzato, guerrigliero, scomodo. L’opera riunificatrice degli opposti ma nello stesso tempo enorme carica esplosiva, accusatrice e giustiziera. L’opera some sintesi e mistero ma generatrice di forme simboliche che possano muovere, irritare, creare scompiglio. L’opera come infiltrazione in tutte le fenditure possibili, a coprire il più piccolo pertugio. Strategia e guerriglia a coprire il possibile scoperto. Attraverso l’opera ridefinirsi infine come facenti parte di una cultura dinamica, una cultura che tagli i ponti con le tradizioni, i ruoli imposti, una cultura che tragga dal passato ciò che le possa servire per muoversi e, se il passato è maschile e classico, umanistico, illuminista, romantico, funzionalista, costruttivista, ecc., ebbene estrapoliamo ciò che serve e andiamo avanti, considerando questo “maschile rigido” come vecchio, indebolito, ripetitore del proprio riflesso, mestatore di riti e di miti che hanno già cominciato a non appartenergli più. Affondare a piene mani nella cultura e cambiarla di segno, in quella cultura pagata a caro prezzo per lo stratagemma dell’eccezionalità, della decontestualizzazione sempre effettuata; trarre da quei codici un linguaggio di segno contrario, rivisitando tutti i luoghi del martirio, rivivendo positivamente il fuoco dei roghi.” [Lucia Marcucci, 1988]
PROMOTORI: Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti.
LUOGO: Firenze
PARTECIPANTI (elenco di coloro che, a vario titolo, hanno partecipato ai convegni, mostre, e/o iniziative editoriali del Gruppo): Luciano Anceschi, Nanni Balestrini, Renato Barilli, Achille Bonito Oliva, Vinicio Berti, Antonio Bueno, Sylvano Bussotti, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Danilo Giorgi, Alfredo Giuliani, Pietro Grossi, Angelo Guglielmi, Emilio Isgrò, Klaus Koening, Francesco Leonetti, Silvio Loffredo, Luca (Luigi Castellano), Roberto Malquori, Stelio Maria Martini, Hans-Klaus Metzger, Alberto Moretti, Gualtiero Nativi, Giulia Niccolai, Elio Pagliarani, Michele Perfetti, Antonio Porta, Edoardo Sanguineti, Giuliano Scabia, Adriano Spatola, Aldo Tagliaferri, Luigi Tola, Patrizia Vicinelli, Cesare Vivaldi, Roman Vlad, Guido Ziveri.
Logo del Gruppo ’70
Costituitosi nel maggio del 1963, in seguito al convegno Arte e comunicazione promosso da Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini, Sergio Salvi e Silvio Ramat, il Gruppo ’70 è formato da una frastagliata compagine di poeti, narratori, critici, intellettuali, artisti e musicisti, per lo più legati alla scena sperimentale fiorentina, e in particolare al côté della rivista «Quartiere», all’esperienza pittorica di Nuova Figurazione (A. Bueno, V. Berti, G. Nativi, C. Cioni, S. Loffredo, A. Moretti, R. Guarnieri), alla scuola di Nuova Musica (S. Bussotti e G. Chiari). Il nucleo dei promotori è costituito in prima istanza da Lamberto Pignotti e Eugenio Miccini (i due teorici e fondatori del gruppo), ai quali si aggiungono tra il 1963 e il 1965 Giuseppe Chiari, Lucia Marcucci, Ketty La Rocca, Luciano Ori. Le premesse teoriche per la promozione del Convegno e la nascita del Gruppo si sviluppano all’interno della rivista «Quartiere», pubblicata a Firenze dal 30 giugno 1958 al 31 dicembre 1960 (prima serie), per iniziativa di Gino Gerola, Sergio Salvi, Giuseppe Zagarrio, Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini. La rivista proponeva una riflessione sul rapporto tra letteratura e società, con particolare attenzione al linguaggio e ai nuovi temi connessi allo sviluppo tecnologico e scientifico. Nel 1962, Pignotti approfondisce il discorso in due articoli apparsi sulla rivista «Questo e Altro» (L’industria che non si vede; La poesia tecnologica), nei quali, sulla scorta delle teorie estetiche di Max Bense, formula l’ipotesi di una “poesia tecnologica”, capace cioè di avvalersi dei temi, delle tecniche e dei linguaggi della comunicazione di massa per farsi interprete dei profondi cambiamenti intervenuti all’interno della società. Tema questo, che costituisce l’argomento centrale del convegno organizzato nel 1963 – Arte e comunicazione – i cui atti sono pubblicati nell’inserto «Dopotutto» curato da Pignotti e Eugenio Miccini, per la rivista «Letteratura» (adesso consultabili in La poesia in immagine / l’immagine in poesia. Gruppo 70. Firenze 1963-2013, a cura di T. Spignoli, M. Corsi, F. Fastelli, M. C. Papini, Campanotto, Pasian di Prato 2014, pp. 189-213). Il convegno – sponsorizzato dall’Azienda di Promozione Turistica – vide la partecipazione di alcuni membri del futuro Gruppo 63 (B. Barilli, U. Eco, E. Pagliarani, E. Sanguineti) oltre a numerosi esponenti della scena intellettuale e avanguardistica italiana e internazionale, tra cui L. Anceschi, G. Dorfles, P. Grossi, C. Vivaldi, R. Vlad, K. Metzger, K. Koening. Nel suo intervento, Pignotti rileva come tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta si sia verificata una standardizzazione degli stilemi tipici dell’avanguardia artistica e letteraria, adottati dal linguaggio pubblicitario e dall’industria, che a suo avviso è divenuta l’«unica committente dell’arte, agevolandone il consumo e convertendolo in usura», per tale motivo occorre superare l’avanguardia per collocarsi al di fuori dei meccanismi del mercato propri della società capitalistica, attraverso l’adozione di nuove tecniche di composizione, come il “collage” linguistico e la commistione tra registro verbale e registro visivo, nella consapevolezza del ruolo preminente assunto dalle immagini nella comunicazione di massa. Ciò ha come esito esperimenti interdisciplinari che mescolano programmaticamente i diversi generi della creazione artistica, in direzione di una poesia da vedere e di una pittura da leggere (cfr. L. Pignotti, Poesia da vedere e pittura da leggere, «Letteratura», n. 69-70-71, maggio-ottobre 1964, p. 235). In questo senso sono da intendersi due mostre organizzate alla fine del 1963, ovvero Area letteraria nella Nuova Figurazione, a cura di Corrado Del Conte e Franco Manescalchi presso la Galleria Il Fiore di Firenze (14-31 dicembre), con la partecipazione di Pignotti, Miccini, Luzi, Gatto, Fortini; e Tecnologica, primo evento organizzato dal Gruppo 70, presso la Galleria Quadrante tra il 19 dicembre 1963 e l’8 gennaio 1964, con opere dei pittori Bueno, Loffredo, Moretti, spartiti contaminati con la pittura e la letteratura di Bussotti e Chiari, e poesie visive di Miccini e Pignotti. Il tema della mostra, ovvero il rapporto tra arte e tecnologia, è alla base del secondo convegno (il primo promosso e organizzato dal Gruppo 70), che si tenne al Forte Belvedere di Firenze nei giorni 27, 28, 29 giugno 1964, con il titolo proprio di Arte e tecnologia. L’evento vide la partecipazione di importanti personalità del panorama letterario, artistico e musicale, come Anceschi, Dorfles, Eco, Vlad, Kagel, Brown, Cage, Chiari, Bussotti, Higgins, Rzewski. Al convegno fu affiancata una mostra presso la Galleria Santa Croce, con opere di Bueno, Del Pezzo, Loffredo, Moretti, Ori, Mondino, Rotella, Schifano, Barni e Malquori, una serie di “concerti-letture” dedicati a poeti sperimentali e a musicisti d’avanguardia. Gli atti, pubblicati sulla rivista «Marcatré» (nn. 11-12-13, 1965, pp. 104-177), sono introdotti da una breve presentazione di Giuseppe Chiari, curatore della parte «spettacolare-artistica» della manifestazione, che mette in evidenza la natura interdisciplinare e perfomativa dell’evento, non a caso definito con il termine di Festival, poi sigla scelta per i futuri incontri del Gruppo. La parte «teorico-saggistica» è invece a cura di Miccini e Pignotti, che nei due interventi di apertura definiscono le linee programmatiche dell’operazione teorica e letteraria, sempre più connotata come azione di esplicito dissenso culturale. Ciò appare evidente sin dal titolo della breve nota di Miccini – Trasformare i mass media in mass culture (ivi, pp. 106-107)– nella quale oltre a ribadire l’interesse per i linguaggi tecnologici che «sono il tramite biunivoco tra la scienza e il senso comune, tra le costruzioni concettuali e l’esercizio pragmatico, tra l’ideale e il fattuale, tra l’ideologia e la tecnologia», ribadisce la necessità di avvicinare la letteratura ai linguaggi della comunicazione di massa per “trasformarli” in senso estetico. In maniera ancor più radicale, in La suggestione di Gordon Flash (ivi, pp. 107-109), Pignotti indica i caratteri della nuova “arte tecnologica” non solo nell’assunzione dei linguaggi della società di massa, tra cui, ad esempio, il fumetto e il fotoromanzo, ma anche nell’adozione dei mezzi di comunicazione tipici della comunicazione di massa, in modo da diffondere il prodotto estetico all’interno del tessuto sociale. L’operazione si basa su una programmatica intermedialità e interdisciplinarietà, volta alla mescolanza di più generi (poesia, musica, pittura) e di più media (il quadro, il libro, la musicassetta, il videotape), utilizzando il bacino di immagini iconiche e il repertorio verbale della società contemporanea, prelevato da riviste, giornali, fotoromanzi, fumetti, grafici matematici, note amministrative, ecc…, e poi liberamente ricombinato in un “prodotto” estetico che si pone come radicalmente alternativo sia alla tradizione che ai generi artistici e letterari di consumo, veicolati dal mercato dell’arte o dall’industria editoriale. In questo senso occorre ricordare lo spettacolo performativo Poesie e no – vero e proprio happening ante litteram – rappresentato per la prima volta il 4 aprile 1964 al Gabinetto Scientifico Letterario «G. P. Vieusseux» di Firenze, poi replicato al medesimo anno al Piccolo Teatro Città di Livorno, con regia di Enrico Sirello e quindi messo in scena direttamente dai componenti del Gruppo 70 (Marcucci, Miccini, Pignotti, cui si aggiunsero Bueno e Isgrò) alla Libreria Feltrinelli di Roma (centro culturale assai legato al Gruppo 63) nel 1965. Lo spettacolo prevedeva letture poetiche, la proiezione di video-tape, la realizzazione di manifesti di poesie visive, la riproduzione di musiche sperimentali e una serie di azioni provocatorie diretta al pubblico, per stimolarne la reazione. La tendenza performativa e spettacolare, così come l’idea di utilizzare il quadro e il manifesto come medium privilegiato della poesia, risponde al tentativo di connotare in senso estetico la vita sociale, a partire dal contesto urbano, con l’idea provocatoria di «affiggere poesie per le strade e per le piazze», come afferma Pignotti nell’intervento dedicato alla mostra di poesia visiva organizzata dal Gruppo 70 in occasione del Convegno del 1965 del Gruppo 63 («Dopotutto», inserto di «Letteratura», n. 73, 1965, p. 75). Ciò risulta evidente in una serie di iniziative organizzate proprio a partire dal 1965, ovvero il terzo Convegno promosso dal Gruppo e definito come un Festival, sin dal titolo – Terzo Festival – che si tenne presso la Galleria La Vigna Nuova e la Galleria Numero di Firenze dal maggio al luglio 1965, con una serie di iniziative diffuse nella città, come eventi, dibattiti, mostre e concerti, articolati in quattro sezioni (Argomenti, Pittura, Musica, Poesia), cui si somma un’importante mostra – Luna Park – nella quale è esposta un’opera interdisciplinare – Preistoria contemporanea – realizzata da Bueno, Moretti, Raffaele, Pignotti, Bussotti. Alla manifestazione prendono parte numerosi esponenti della scena artistica e intellettuale italiana e straniera; tra di essi si segnalano anche alcuni membri del Gruppo 63 (Balestrini, Sanguineti, Pagliarani, Porta, Scabia) e alcuni esponenti dell’avanguardia verbovisiva, come Adriano Spatola, Stelio Maria Martini, e Luigi Tola, legati rispettivamente al vivace clima romagnolo, dove operava l’editore Sampietro (Spatola), al Centro Continuum di Napoli (Martini), e all’ambiente genovese e milanese (Tola). La seconda iniziativa riguarda proprio l’editore Riccardo Sampietro che in quell’anno dà alle stampe la prima antologia di poesia visiva (Poesie visive), pubblicata nella collana «il dissenso», in quattro volumetti composti da schede singole con opere di N. Balestrini, A. Bonito Oliva, D. Giorgi, Luca (L. Castellano), E. Isgrò, E. Miccini, L. Pignotti, L. Marcucci, S. Maria Martini, L. Ori, A. Porta, A. Giuliani, A. Spatola, L. Tola, G. Ziveri. L’antologia, in linea con il medesimo intento della collana, che ospita negli anni numerose opere verbovisive, si propone di portare all’attenzione del pubblico un prodotto controculturale, capace di provocare tra le «domestiche pareti» dei «borghesi benpensanti», «un’esplosione non soltanto rumorosamente formale ma anche concretamente ideologica» (L. Pignotti, Introduzione all’antologia). Nel 1965 si afferma infatti pienamente la tecnica compositiva del collage di immagini e frasi tratte da quotidiani, rotocalchi, riviste, fumetti, ecc… che ha come scopo quello di servirsi dei linguaggi della comunicazione di massa per svelarne l’insensatezza e il vuoto ideologico, soprattutto rispetto a temi di cogente attualità come le diseguaglianze tra l’Occidente e i paese del terzo mondo, la guerra in Vietnam, i costumi e la morale restrittiva della società borghese. Miccini descrive l’operazione come la “tecnica del cavallo di Troia”, laddove la poesia visiva si serve dei feticci e delle icone della società di massa per contestarne gli assunti principali. In questo senso egli descrive la poesia visiva come una «guerriglia» (con riferimento anche a Burroughs e alla beat generation), che «si serve non solo della parola e dell’immagine, ma anche della luce, del gesto, insomma di tutti gli strumenti “visibili” del comunicare, e deve necessariamente e progressivamente tendere a trasformare i propri mezzi (qualora ne possa ipotizzare e realizzare mediante un circuito clandestino) in quelli delle comunicazioni di massa fino ad impadronirsene (come voleva Burroughs) per trasformare “con” essi la società stessa» (Poesia e/o poesia. Situazione della poesia visiva italiana, a cura di E. Miccini, Edizioni Sarmic, Brescia-Firenze 1972). Utilizzando quindi tutte le risorse a disposizione, l’azione sperimentale riguarda sia il tradizionale medium del libro con la creazione di libri d’artista, presso case editrici indipendenti (come Sampietro), oppure in ciclostile, che la messa in scena di veri e propri happening in cui convergono più media (il teatro, il videotape, i gesti e le azioni del corpo, la musica). A questo proposito vale la pena di ricordare le azioni performative di Ketty La Rocca, spesso realizzate assieme agli altri membri del Gruppo, come Approdo (1967) e Volantini sulla strada (1967), oltre alla manifestazione Parole sui muri. Prima Esposizioni Internazionale di Manifesti (1967, a cura di C. Parmeggiani e A. Spatola), che si tenne a Fiumalbo, trasformando l’intero paesino in una sorta di spazio artistico a cielo aperto, con happening e installazioni di vario genere. Tali eventi esprimono l’utopia di una riappropriazione in senso estetico dello spazio pubblico della città, in linea con quanto proposto dall’Internazionale Situazionista, secondo modalità provocatorie e giocose che saranno poi riprese dai gruppi italiani della scena beat, sia per quanto riguarda l’organizzazione di reading e festival, sia soprattutto relativamente all’assunzione di strategie provocatorie volte a suscitare shock nello spettatore. In questo periodo i membri del Gruppo sono in stretto contatto con altri centri di sperimentazione verbovisiva del territorio italiano, come ad esempio il centro Continuum di Napoli, i nuclei sperimentali di Genova come il Gruppo Studio, la Galleria La Carabaga, la rivista «Ana Eccetera», il centro Tool di Milano; attraverso di essi si viene a delineare una diffusa rete di controcultura che precede cronologicamente la nascita del movimento beat italiano e della contestazione studentesca. Non a caso il gruppo si scioglie nel 1968, in coincidenza con l’acuirsi della protesta politica e sociale che sconvolge il paese e che di fatto porta ad un esaurimento delle manifestazioni artistiche controculturali, in certo senso riassorbite o modificate dal dilagare dei movimenti giovanili. I membri del Gruppo continueranno tuttavia ad operare sia singolarmente che attraverso la costituzione di riviste, gruppi, e centri culturali, come ad esempio il Gruppo di Poesia visiva internazionale, il centro Téchne di Eugenio Miccini, la rivista «Lotta Poetica» di Sarenco.
CONVEGNI: Arte e comunicazione, 24-26 maggio 1963, Firenze Arte e tecnologia, 27-29 maggio 1964, Firenze Terzo Festival / Gruppo ’70, 28 maggio-22 luglio 1965, Firenze
RIVISTE: «Protocolli», inserto di «Letteratura» (Roma, 1961-1964); «Marcatrè» (1963-1970, Genova, Roma, Milano); «Dopotutto», inserto di «Letteratura» (Roma, 1964-1966).
CASE EDITRICI: Sampietro (Bologna).
BIBLIOGRAFIA: Per la storia del Gruppo ’70 si rimanda all’imprescindibile catalogo curato da L. Saccà, La parola come immagine e come segno. Firenze: storia di una rivoluzione colta (1960-1980), Pacini Editore, Pisa 2000; e, tra le molte pubblicazioni, a: Parole contro, 1963-1968. Il tempo della Poesia Visiva, a cura di L. Fiaschi, Carlo Cambi Editore, Siena 2009; La poesia in immagine / l’immagine in poesia. Gruppo 70. Firenze 1963-2013, a cura di T. Spignoli, M. Corsi, F. Fastelli, M. C. Papini, Campanotto, Pasian di Prato 2014. Per un approfondimento della linea di contestazione culturale e politica propria del Gruppo, si segnala Lotta poetica. Il messaggio politico nella poesia visiva 1965-1978, a cura di B. Carpi De Resmini, Guidonia Montecelio (Roma), Iacobelli Editore 2017.
[testo di Teresa Spignoli, tratto dal progetto di ricerca online LE CULTURE DEL DISSENSO, Università degli Studi di Firenze]
Poesia Visiva Internazionale (1973) | Studio Inquadrature 33 | Firenze
Mostra di Poesia Visiva numero 3, in collaborazione con lo Studio Brescia, a cura di Luciano Ori. Artisti in mostra: Herman Damen, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini.
Molti collezionisti, qualche gallerista e alcuni giovani critici chiedono ancora l’iter più privato, anche individuale, di questa poesiatotale e segno totale (Achille Bonito Oliva in occasione della presentazione in catalogo della mostra La parola nell’Arte al MART di Rovereto 2007) che si configura come poesia visiva. L’iter della poetica può apparire abbastanza scontato: rivisitazione e proseguimento delle sperimentazioni futuriste, dadaiste, costruttiviste, dei primi anni del novecento ma, e questo è l’innovazione, il tutto da contaminare e veicolare decriptandolo attraverso la presa di coscienza del contesto mediatico imperante nel preciso momento fattuale. Il momento storico è situato ai primi anni del ’60 nei quali il boom economico mise la società davanti alla scelta del consumismo ebete e consolatorio e/o dei movimenti di ribellione critica agli stessi, in più la ancora latente guerra nel Vietnam con le conseguenze politiche che cominciavano ad affiorare nella comunità globale non ancora consapevole dei risultati tragici che avrebbe portato. Da ovest a est la guerra fredda si andava scaldando… la guerra dei bottoni e del primo dito che avesse premuto quello rosso viaggiava sul filo delle comunicazioni telefoniche. Certamente il clima politico era estremamente caldo: dovevamo scegliere su quale carro armato montare, non di sicuro con i fucili, ma con le testimonianze e le idee. Ci trovammo di ciò consapevoli e convinti: fare la nostra rivoluzione artistica e letteraria fu il programma contenuto nel manifesto che compilammo e che perseguimmo con le opere tecnologiche, poi con la poesia visiva.
Il Gruppo ’70 si costituì a Firenze nel 1963 dopo vari contatti, convegni e dibattiti avvenuti al Gabinetto Viesseux, al Forte Belvedere, nei vari circoli culturali e Case del Popolo dove tenevamo anche happenings per compagni con tessera e dove scandalizzavamo gli stessi con frasi, atteggiamenti e dichiarazioni non proprio in riga con i dogmi del PCI. Sapevamo che per la base degli iscritti gli intellettuali erano sospetti e, di conseguenza, poco graditi; noi cercavamo di stuzzicarli per promuoverne l’impegno in un più ampio universo critico-culturale perché, anche a quei tempi, risultava un po’ sopito. Disdegnavamo Lukásc ma discutevamo appropriandoci di citazioni dai testi di de Saussure, Marcuse, Benjamin; la semantica e l’ostranenje erano i nostri cavalli di battaglia, l’interdisciplinarità e, di conseguenza il meticciato, i nostri cibi mentali quotidiani. Non mancavano i furibondi denigratori armati di una salace vena ironica e iconoclastica tanto ardita da cambiarci, sul luogo, le opere in mostra con scritte e collages artificiosi e fasulli (devo averne un esempio che ho conservato cimelio-ricordo di una stagione irripetibile), perfino ai nostri cognomi venivano aggiunte rime e sollazzi; una nutrita serie di lettere anonime siglate il triangolino verde ci perseguitò per alcuni mesi… gli autori erano quattro avvocati nullafacenti in vena di scherzi. Presto uscimmo dal clima provinciale di Firenze: iniziammo a ricevere moltissimi inviti di partecipazione a mostre, dibattiti, convegni nazionali e internazionali.
Tutte esperienze dalle quali si è via via consolidato il mio lavoro permettendomi, mantenendo costantemente la stessa poetica, di intraprendere nuove tecniche e sperimentazioni. Non sempre mi sono avvalsa del collage cartaceo ma neanche l’ho abbandonato: per la mostra Supervisiva preparai numerosi bozzetti che furono variati con le più aggiornate tecnologie computeristiche; una nuova, coraggiosa svolta della mia opera. Nel tempo (intorno agli anni ottanta) ho anche usato tele spaziose che chiamavo maxipagine dove riproducevo in colori acrilici icone dei media, poi grandi cartelloni pubblicitari su tela manipolati ad arte per rimandare, cambiato di segno, lo stravolto messaggio al mittente con esiti abbastanza spiazzanti e talvolta curiosi. La voglia di sperimentare non mi viene mai meno: non ho mai sopportato di ripiegarmi su me stessa riproducendo all’infinito ciò che magari avrebbe chiesto il mercato. Sono andata libera da ogni condizionamento per lasciarmi ampi margini di gioco in cui chiudevo il momento causa di ogni esperienza d’opera e, ogni volta, era una sorpresa: il fine talora mi entusiasmava e continua a entusiasmarmi.
Il tema romantico della poesia (1974)
Many collectors, a few gallery owners and even some young critics still a about the more private, even individual, course of this total poetry and total sign (Achille Bonito Oliva, in the introduction in the catalog of the La parola nell’Arte show at the MART in Rovereto 2007) that emerges as visual poetry. The course of the poetics could appear somewhat predictable: revisitation and continuation of the Futurist, Dadaist, Constructivist experiments of the early years of the twentieth century, but – and here lies the innovation – all to be contaminated and channeled, decodifying it, through awareness of the media context dominant at the precise factual moment. The historic moment is the early Sixties, when the economic boom posed society the choice between obtuse and consoling consumption and/or movements of revolt critical of the same, in addition to the latent Vietnam war with the political consequences that began to surface in the global community not yet aware of the tragic results it was to lead to. From West to East the Cold War was waming up… the war of the buttons and of the first finger that was to press the red one travelled along the telephone lines. The political climate was certainly extremely warm: we had to choose which tank to clamber onto, obviously not with rifles but evidence and ideas. We were conscious and convinced: making our artistic and literary revolution was the program contained in the manifesto we drafted and pursued through the technological works, and then with the visual poetry.
The Gruppo ’70 was set up in Florence in 1963 after various contacts, conferences and debates held at the Gabinetto Viesseux, at the Forte Belvedere, in the various cultural circles and Case del Popolo where we also ran happenings for card-bearing comrades where we scandalized them with words, attitudes and statements that were not exactly in line with the dogmas of the PCI. We knew that for the grass roots members intellectuals were suspect and hence unwelcome; we sought to goad them, to stimulate engagement in a broader critical-cultural universe because, even at that time, it was somewhat subdued. We spurned Lukács, but we peppered our debates with quotations from de Saussure, Marcuse and Benjamin; semantics and ostranenje were our war-horses, interdisciplinarity, and consequently cross-breeding, our mental daily fare. Naturally we did come up against cases of enraged disparagement and people armed with such a pungent and iconoclastic irony that they would even modify the works on show, there and then, with bogus and artificial legends and collages (I must have some examples tucked away somewhere as mementoes of a truly unrepeatable time). Sometimes even our surnames would be adorned with rhymes and sneers. We were persecuted for several months by a whole series of anonymous letters signed the green triangle… the authors turned out to be four layabout lawyers in the mood for a laugh. Soon we got away from the provincial climate of Florence, and we began to receive lots of invitations to take part in shows, debates and national and international conferences.
All these experiences gradually went to consolidating my work, enabling me – while constantly maintaining the same poetic – to undertake new techniques and experimentations. I didn’t always use paper collage, but nor did I abandon it. For the Supervisiva exibition I prepared numerous sketches which were varied with the most up-to-date computer technologies; a bold new twist in my work. Over time (around the Eighties) I also used big canvases that I called maxipages where I reproduced media icons in acrylic colours, and the big advertising hoardings on canvas, artfully manipulated to return to sender the, reversed, distorted message, with disturbing and at times curious results. My desire to experiment has never faltered: I’ve never been able to bear the idea of resting on my laurels and repeating ad infinitum maybe what the market wanted. I have always kept free of conditioning, leaving myself ample leeway in which to encapsulate the causal moment of each artwork experience, and every time it was a surprise: I found the end exhilarating at times, and I still do.