Programma di Alessandra Tortosa che tratta temi storico, artistici e di costume dell’Alto Adige. Analizza i diversi aspetti culturali del nostro territorio e ne racconta la storia. Avvalendosi anche di musiche di autori locali propone itinerari naturalistici e artistici, infine presenta piccoli “tesori” dell’archivio Rai. | Rai Alto Adige Südtirol | Bolzano | 2023
Lucia Marcucci – Poesia (1965)
Due mostre dedicate a Lucia Marcucci, una delle maggiori esponenti italiane della Poesia Visiva, in occasione del suo novantesimo compleanno: al Museion e ad Ar/Ge Kunst; saranno presenti le curatrici Frida Carazzato, Francesca Verga e Zasha Colah, l’artista Wissal Houbabi e la docente della Lub Elisa Pasqual.
Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci: un percorso spiazzante, aperto al pubblico a partire dal 6 maggio 2023, che rilegge le opere raccolte dal Centro, selezionandone oltre 50 tra le circa 1200 acquisite o donate dal 1988 a oggi. Fontana,Boetti, Warhol, Richter, Kounellis, Bonvicini, Schnabel e Fumai, questi alcuni dei grandi artisti presenti nella collezione.
Per la prima volta un’ala degli spazi espositivi viene dedicata in modo permanente alla presentazione delle collezioni. Firma il progetto del display lo studio Formafantasma secondo criteri di sostenibilità e accessibilità, tematiche che ispirano l’azione di direzione artistica nella proposta del Centro. L’Ala grande Nio (dall’architettura realizzata nel 2016 da Maurice Nio) si trasforma così in un luogo ancora più inedito per vivere il Centro Pecci, raccontare Prato e conoscere l’arte contemporanea dal dopoguerra a oggi.
Artisti in esposizione: Vito Acconci, Archizoom, Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Mirella Bentivoglio, Edo Bertoglio, Alighiero Boetti, Monica Bonvicini, Giulia Cenci, Daniela De Lorenzo, Sylvie Fleury, Lucio Fontana, Chiara Fumai, Marco Gastini, Nan Goldin, Dmitri Gutov, Ilya Kabakov, Anish Kapoor, Kinkaleri, Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Nanda Lanfranco, Paul Etienne Lincoln, Jacques Lipchitz, Francesco Lo Savio, Lucia Marcucci, Silvia Mejía, Verita Monselles, Liliana Moro, Robert Morris, Mimmo Paladino, Gianni Pettena, Gerhard Richter, Julian Schnabel, Superstudio, Francesco Torrini, UFO, VALIE EXPORT, Andy Warhol.
Lucia Marcucci – Un proverbio cinese (1964)
A cura di Stefano Collicelli Cagol
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 6 maggio – 15 ottobre 2023
APALAZZOGALLERY è lieta di presentare Il Significato della Poesia, prima personale in galleria dell’artista Lucia Marcucci (Firenze, 1933), che apre al pubblico mercoledì 24 maggio 2023. La mostra comprende opere storiche che datano dai primi anni Settanta, fino ad arrivare a lavori recenti degli anni Duemila e a opere su carta di soggetto sacro che raramente hanno fatto la loro comparsa nelle mostre di Marcucci. Gli stendardi così come i manifesti pubblicitari creati con la tecnica del collage sono protagonisti della rinnovata critica alla società contemporanea, sfruttando l’ironia della Poesia Visiva. Sono presenti in mostra anche i celebri libri oggetto/soggetto realizzati tra gli anni Novanta e inizio anni Duemila, che si pongono a metà tra le opere su carta e l’oggetto libro, coscienti della mutazione del linguaggio. La parola, così presente nelle opere a parete di Marcucci, diventa nei libri quasi assente, per lasciare posto a colori vivissimi e a forti elementi scultorei.
Lucia Marcucci – Il significato della poesia (2006)
“Nei miei intendimenti l’opera doveva essere un “volgare” il più vicino al mondo d’oggi, un “volgare” però carico, pregnante, politicizzato, guerrigliero, scomodo. L’opera riunificatrice degli opposti ma nello stesso tempo enorme carica esplosiva, accusatrice e giustiziera. L’opera some sintesi e mistero ma generatrice di forme simboliche che possano muovere, irritare, creare scompiglio. L’opera come infiltrazione in tutte le fenditure possibili, a coprire il più piccolo pertugio. Strategia e guerriglia a coprire il possibile scoperto. Attraverso l’opera ridefinirsi infine come facenti parte di una cultura dinamica, una cultura che tagli i ponti con le tradizioni, i ruoli imposti, una cultura che tragga dal passato ciò che le possa servire per muoversi e, se il passato è maschile e classico, umanistico, illuminista, romantico, funzionalista, costruttivista, ecc., ebbene estrapoliamo ciò che serve e andiamo avanti, considerando questo “maschile rigido” come vecchio, indebolito, ripetitore del proprio riflesso, mestatore di riti e di miti che hanno già cominciato a non appartenergli più. Affondare a piene mani nella cultura e cambiarla di segno, in quella cultura pagata a caro prezzo per lo stratagemma dell’eccezionalità, della decontestualizzazione sempre effettuata; trarre da quei codici un linguaggio di segno contrario, rivisitando tutti i luoghi del martirio, rivivendo positivamente il fuoco dei roghi.” [Lucia Marcucci, 1988]
L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine – Milano, 2023
La Fondazione Mudima inaugura la mostra dal titolo L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine a cura di Giacomo Zaza, che inaugura martedì 9 maggio alle ore 18:00, con opere di Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Betty Danon, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Magdalo Mussio, Luciano Ori, Stephanie Oursler, Lamberto Pignotti, Berty Skuber. Il titolo della mostra fa riferimento agli scambi perpetui che dagli anni Cinquanta in poi hanno caratterizzato una certa produzione artistica che afferisce al linguaggio, alla poesia, alla letteratura, e che ha generato degli spostamenti tra l’immagine, il segno e la parola, creando spazi e tempi dalla valenza polisemantica. In questo senso, puntuale è un assunto relativo al linguaggio pensato e scritto da Cesare Brandi: “Testo letterario e testo figurativo si pongono naturalmente come due formazioni parallele, indipendentemente dal fatto che insistano o no su uno stesso genotipo o per dirlo in modo meno formale ma più corrente, sullo stesso contenuto”. Ed è proprio da qui che parte la riflessione sull’idea di opera d’arte come “linguaggio oggetto” che si sviluppa nella produzione di un gruppo di artisti e poeti attivi da diverse decadi, che fanno del linguaggio elemento chiave del loro operato, sia dal punto di vista del significante che da quello del significato. Quello entro cui lavora ognuno degli artisti in mostra è un ambito di confine, in cui la parola assume un ruolo centrale. La PAROLA non ha solo un valore etico, legato al significato e al messaggio che esso trasferisce, ma ha anche un valore estetico legato all’aspetto, alla sua forma, al contesto entro il quale si colloca. Essa si dispiega sulla superficie come graphè e phonè, linguaggio e voce, dichiarando la natura ibrida e “meta – orfica” del segno. A volte entra in simbiosi con un’immagine “iconica” (tratta dai media) per produrre nuovi rapporti e discorsi. Un processo di intersezione dai risvolti decisamente performativi. L’idea della mostra insiste su opere che possono essere valutate sul piano dell’espressione e sul piano del contenuto. Gli artisti e le artiste presenti sono spesso anche poeti e poetesse e in questo senso i confini linguistici scompaiono o quantomeno si assottigliano ulteriormente in favore di nuovi territori. La parola rimane tale o diventa segno, ma continua a farsi portatrice di significati e di visioni (immagini che a loro volta sono altresì contenuto e forma).
In Piena Crisi: Frontiers of Italian Art [In Full Crisis: Frontiers of Italian Art] is the latest edition of Italy at Frieze, an exhibition held within the Italian Ambassador’s residence during Frieze London from 2019. Italy at Frieze aims to showcase artists born/living in Italy or holding Italian citizenship who are represented by galleries participating in the art fair. Featuring artists from the young contemporary Italian scene, to heavyweight historical figures from Surrealist or Arte Povera traditions, In Piena Crisi attempts to challenge, interrogate and complicate what it means to be Italian today while displaying artists’ insistent efforts to push the frontiers of their art.
Lucia Marcucci – In piena crisi (1965)
The exhibition marks the celebrations of “One year of BeIT”, the campaign in support of the Made in Italy brand launched by the Italian Minister of Foreign affairs and International Cooperation in 2021. “Italians have always possessed the ability to look ahead and project their ideas in an ever-changing landscape. Call it perception, talent, a passion for ideas, or planning skills. Creative industry is, in fact, a natural consequence of this forward looking attitude” says the Ambassador to the UK, H.E. Inigo Lambertini. “With this exhibition, we aim at showcasing the best of the Italian creative industry. Through the artists selected and the series of collateral events organised, the Embassy celebrates the success of the BeIT branding initiative, showing the most innovative, diverse and groundbreaking creations of modern and contemporary artists, as a form of expression, but also as a way of doing successful business.” “Art creates shared languages, facilitating contact between people and culture, people and territories, people and mother earth, even in difficult times” continues the Ambassador. “With a variety of codes and techniques, Italian artists express the creative spirit that is so often associated with our country, making country, making the Made in Italy brand so unique and successful.”
From an iconic and colourful abstraction by Carla Accardi, to a bold figurative amalgamation of classic iconography with contemporary concerns by Jem Perruchini, the exhibition’s breadth is truly spectacular.
Curated by Sofia Gotti, the project borrows its title from Lucia Marcucci’s work, In Piena Crisi [In Full Crisis]. Marcucci, made poesia visiva [visual poetry] her core expressive language as co-founder of the Gruppo 70, active in Florence between 1963 and 1968. The titular collage crops images of water aerobics exercises alongside a portrait of a fully made-up woman whose manicured hands hold a nondescript photograph of War, probably in Vietnam. The collage’s tagline “without peace / Italy: in full crisis” captures Marcucci’s strategy to juxtapose images and text drawn from the mass media – her battleground for socio-political critique. Like Marcucci, the trailblazing graphic designer Armando Testa ran one of Italy’s largest ad agencies at the height of his career, while championing social battles such as the referendum for the legalisation of divorce in 1970.
Lucia Marcucci
Within the broader framework of Italy at Frieze which aims to represent “Italy,” In Piena Crisi establishes a tension between the works on display and national identity politics, a recurrent theme in the exhibition. Works by Argentinean Leonor Fini, who spent decades in Italy, call into question the relevance of national belonging as a central member of the transnational Surrealist movement. In her drawings on display we see an intriguing yet highly personal self-portrait that culminates in the artist’s unique combination of humour, eroticism, and mythological symbolism. Similarly, Austrian born artist Greta Schödl, another pioneer of poesia visiva in Italy, insistently repeats letters and symbols until they are abstracted, frayed within the texture of language.
Thriving on the dialogues that emerge across this broad selection, the exhibition captures each artist’s efforts to push the limits of their practice, whether from the perspective of socio-political critique, or a formal investigation into the materiality of their chosen medium and practice. With larger than life depictions of female body parts, Adelaide Cioni explores certain visual codes relating to the representation of the gendered body: one of the frontiers to consider in the current cultural and political climate. Abstract shapes and bodies of colour contract and expand in her canvas, saturating the room and soliciting a visceral response in the viewer. Ultimately, the exhibition offers us the opportunity to engage with art’s capacity to put in crisis, and at times reshape, the contours of accepted cultural, social and political orders. The frontiers to consider today, and within this exhibition, include the urgent cultural and political issues of the climate crisis, the call for decolonisation, and ongoing disputes around gender equality and civil rights.
Artist: Carla Accardi, Giorgio Andreotta Calò, Adelaide Cioni, Dadamaino, Tano Festa, Leonor Fini, Lucia Marcucci, Giulio Paolini, Jem Perucchini, Lucia Pescador, Greta Schödl, Marinella Senatore, Armando Testa, Francesco Vezzoli
A cura di Sofia Gotti.
Italy at Frieze, Italian Embassy in London, London (UK)
La mostra Materializzazione del linguaggio, curata dall’artista e poetessa Mirella Bentivoglio, fu inaugurata il 20 settembre 1978 presso i Magazzini del Sale, nell’ambito della XXXVIII Biennale di Venezia. Nella sua molteplicità di immagini e parole, di pratiche individuali e collettive, essa comprendeva le ricerche verbo-visuali di 90 artiste e poetesse internazionali che, raccontando il “rapporto fra la donna e il linguaggio”, materializzavano un linguaggio inteso come modalità di comunicazione non condizionata, incorporando un’espressione identitaria trasgressiva, al contempo poetica e critica, di radicale rifiuto del linguaggio patriarcale.
Ri-Materializzazione del Linguaggio. 1978-2022
Ri-Materializzazione del Linguaggio. 1978-2022 – in cui è presentata un’ampia selezione delle opere originariamente esposte, insieme ad altre coeve e a materiali di documentazione – si propone come il primo tentativo di ricostruzione filologica di una mostra divenuta nel frattempo un punto di riferimento per le ricerche artistiche femminili e femministe, ma anche come la riattivazione contemporanea delle sue istanze storiche. Ispirato alle opere stesse, l’allestimento parte dalla matrice dell’alfabeto quale grado zero del linguaggio, e dal rapporto opera/documento, mostra/libro, muro/vetrina, invitandoci a continuare a reinventare il linguaggio che ci è stato imposto, così da poterci riappropriare del modo più autentico e personale in cui desideriamo esprimerci e comunicare.
La mostra è presentata in occasione del centenario della nascita di Mirella Bentivoglio (Klagenfurt am Wörthersee, 1922 – Roma, 2017).
Lucia Marcucci – Aa, Bb, Cc (1977)
Artiste in mostra: Annalisa Alloatti; Mirella Bentivoglio; Cathy Berberian; Tomaso Binga; Irma Blank; Monica Bonvicini; BRACHA (Bracha L. Ettinger); Blanca Calparsoro; Françoise Canal; Paula Claire; Rochella Cooper; Betty Danon; Sonia Delaunay; Agnes Denes; Chiara Diamantini; Neide Dias de Sá; Lia Drei; Anna Esposito; Amelia Etlinger; Sylvie Fauconnier; Maria Ferrero Gussago; Mona Fillières; Gisela Frankenberg; Luisa Gardini; Ilse Garnier; Rimma Gerlovina; Natalia Goncharova; Pat Grimshaw; Bohumila Grögerová; Shasha Guiga; Elisabetta Gut; Micheline Hachette; Ana Hatherly; Annelies Klophaus; Janina Kraupe; Christina Kubisch; Ketty La Rocca; Katalin Ladik; Maria Lai; Liliana Landi; Sveva Lanza; Paola Levi Montalcini; Laura Marcheschi; Lucia Marcucci; Benedetta Marinetti; Silvia Mejía; Gisella Meo; Aurèlia Muñoz; Giulia Niccolai; Anna Oberto; Anésia Pacheco Chaves; Anna Paci; Anna Paparatti; Jacqueline Phanelleux; Jennifer Pike; Marguerite Pinney; Betty Radin; Regina; Olga Rozanova; Giovanna Sandri; Anne Sauser-Hall; Evelina Schatz; Mira Schendel; Greta Schödl; Eleanor Schott; Berty Skuber; Mary Ellen Solt; Marlise Staehelin; Varvara Fyodorovna Stepanova; Wendy Stone; Chima Sunada; Jacqueline Tarkieltaub; Salette Tavares; Biljana Tomić; Jean Trevor; Nora Turato; Janie Van Den Driessche; Carla Vasio; Tatiana Vladimirova Vechorka; Patrizia Vicinelli; Florence Villers; Simona Weller; Francine Widmer; e alcune pratiche artistiche e di ricerca anonime.
A cura di Cristiana Perrella, Andrea Viliani, Vittoria Pavesi.
Fondazione Antonio Dalle Nogare, Bolzano, 02.10.2022 – 03.06.2023
«Simili ai miei sogni estatici sono le intenzioni provocatorie delle mie opere: il desiderio di comunicare, il desiderio di instaurare un filo ininterrompibile con gli altri, e nello stesso tempo, appunto, di provocare stupore, magari anche indignazione o scandalo».1
«Similar to my ecstatic dreams are the provocative intentions of my works: the desire to communicate, the desire to establish an uninterrupted thread with others, and at the same time, in fact, to provoke amazement, perhaps even indignation or scandal».1
Lucia Marcucci – E’ guerra d’eroi (1965)
In occasione della prima esposizione individuale tenutasi in Francia intitolata Lucia Marcucci. Les secrets du langage – Galleria Contemporanea, MAMAC – verrà presentato un confronto tra le opere eseguite durante gli anni Sessanta e Settanta con riferimenti a problematiche socio-politiche di quel tempo, e la sua produzione più recente del primo decennio del 2000 per la maggior parte incentrata sulla critica della pubblicità e della cultura dominante. L’abbondanza di parole, messaggi e immagini fluttuanti invita il visitatore a immergersi completamente nell’universo poetico dell’artista.
On the occasion of the first individual exhibition held in France entitled Lucia Marcucci. Les secrets du langage – Contemporary Gallery, MAMAC – a comparison will be presented between the works performed during the sixties and seventies with references to socio-political issues of that time, and his most recent production of the first decade of 2000 for the most part focused on critique of advertising and dominant culture. The abundance of words, messages and floating images invites the visitor to immerse themselves completely in the artist’s poetic universe.
Lucia Marcucci – I consigli della settimana (1965)
Nata a Firenze nel 1933, Lucia Marcucci è una delle protagoniste principali della poesia visuale in Italia ed una delle rappresentanti di spicco del Gruppo 70. Abbandonati gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, nel 1955 si trasferì a Livorno per iniziare a lavorare nel Grattacielo, un teatro d’avanguardia dove collaborò quale assistente del direttore e come creatrice di maschere, annunci pubblicitari e scenografie. Nel 1963 iniziò a mostrare interesse per la poesia visiva, creando i suoi primi collage letterari ove il linguaggio puramente teatrale si mescolava ad espressioni desunte dal gergo popolare.
Born in Florence in 1933, Lucia Marcucci is one of the main protagonists of visual poetry in Italy and one of the leading representatives of the 70 Group. Abandoned her studies at the Academy of Fine Arts, in 1955 she moved to Livorno to start working in Skyscraper, an avant-garde theater where she collaborated as assistant to the director and as a creator of masks, advertisements and sets. In 1963 he began to show interest in visual poetry, creating his first literary collages where purely theatrical language was mixed with expressions derived from popular jargon.
Lucia Marcucci – L’offesa (1964)
Uno dei suoi primi collage, intitolato “L’indiscrezione è forte” (1963), è composto da fogli di carta piegati insieme e saturati con frasi stampate desunte da libretti d’opera dell’Ottocento, frammenti poetici, saggi letterari e politici, ma soprattutto annunci pubblicitari e ritagli di giornale. Seguirono nel 1964 i manifesti “L’offesa” e “Un proverbio cinese”, entrambi realizzati con l’impego di caratteri impressi tramite l’uso di matrici lignee. Durante lo stesso periodo Marcucci invitò i membri fiorentini del Gruppo 70 – fondato nel 1963 da Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti e Antonio Bueno durante la conferenza “Arte e Comunicazione” tenutasi presso il Forte Belvedere in Firenze – per mettere in scena “Poesie e no” (1963), happening di successo riproposto in diverse occasioni dal gruppo. Scopo primario degli artisti aderenti a questo gruppo risultava la rivalutazione del linguaggio nel periodo frenetico dello sviluppo delle comunicazioni di massa: la parola viene trattata come un oggetto propriamente autonomo tra nuovi sistemi di comunicazione. La relazione tra “immagine” e “parola” diventa il campo di gioco per ogni possibile sperimentazione, promuovendo la tecnica del collage quale principale mezzo espressivo. Il gruppo si separò alla fine del 1968, ma Lucia Marcucci, insieme ad altri poeti visuali, fondarono in seguito il Gruppo di Poesia Visiva Internazionale, le cui riviste Lotta poetica e De Tafelronde divennero emblematiche.
One of his first collages, entitled “Indiscretion is strong” (1963), is made up of sheets of paper folded together and saturated with printed phrases taken from nineteenth-century opera librettos, poetic fragments, literary and political essays, but especially advertisements and newspaper clippings. The posters “The offense” and “A Chinese proverb” followed in 1964, both made with the use of characters impressed through the use of wooden matrices. During the same period Marcucci invited the Florentine members of Gruppo 70 – founded in 1963 by Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti and Antonio Bueno during the “Art and Communication” conference held at the Forte Belvedere in Florence – to stage “Poesie e no” (1963), a successful happening repeated on several occasions by the group. The primary purpose of the artists belonging to this group was the re-evaluation of language in the frenetic period of the development of mass communications: the word is treated as a properly autonomous object among new communication systems. The relationship between “image” and “word” becomes the playing field for any possible experimentation, promoting the collage technique as the main means of expression. The group separated at the end of 1968, but Lucia Marcucci, together with other visual poets, later founded the International Visual Poetry Group, whose magazines Lotta poetica and De Tafelronde became emblematic.
Lucia Marcucci – I segreti del linguaggio (1970)
Composto da ritagli di riviste e annunci pubblicitari con messaggi incapsulati in “nuvolette” prese in prestito da comics, il lavoro di Lucia Marcucci reinterpreta problemi politici e sociali del suo tempo, spesso trattati con sottile ironia e provocazione, enfatizzando la condizione delle donne nella società contemporanea e l’oggettizzazione delle loro immagini. Nel lavoro fotografico intitolato “La ragazza squillo” (1965), è l’artista stessa a posare con un cartello stradale tra le braccia, indicando la presenza fisica di una cabina telefonica, espediente che le permette di denunciare il cliché della donna-oggetto, disponibile dopo una sola chiamata, e quindi priva d’identità e personalità. In “Come ama, come lavora” (1972), l’artista ricorre agli stessi espedienti visivi per denunciare lo stereotipo della perfetta donna di casa, efficiente nella vita pubblica come nei suoi doveri domestici.
Composed of magazine clippings and advertisements with messages encapsulated in “clouds” borrowed from comics, Lucia Marcucci’s work reinterprets political and social problems of her time, often treated with subtle irony and provocation, emphasizing the condition of women in society contemporary and the objectification of their images. In the photographic work entitled “The call girl” (1965), it is the artist herself who poses with a road sign in her arms, indicating the physical presence of a telephone booth, an expedient that allows her to denounce the cliché of the woman-object, available after a single call, and therefore devoid of identity and personality. In “How he loves, how he works” (1972), the artist uses the same visual devices to denounce the stereotype of the perfect housewife, efficient in public life as well as in her domestic duties.
Lucia Marcucci – I segreti della stampa (1971)
Durante i primi anni Settanta l’artista, come altri poeti visuali, sperimentò con l’uso dell’emulsione su tela (una tecnica di trasferimento fotografico), proponendo spesso immagini prese dalla Storia dell’Arte. L’uso del bianco e nero e la totale piattezza o bidimensionalità dell’immagine risultante da questa tecnica rende più incisiva la sovrapposizione, o più spesso il solo contorno, di testo e immagine. In “Ecologia” (1973), Marcucci altera un dipinto di Daniel Fröschel raffigurante Adamo ed Eva, aggiungendovi la parola del titolo e sostituendo il frutto proibito con una granata disegnata, manifestando quindi il suo personale punto di vista sull’impatto dei confronti internazionali concernenti la salvaguardia dell’ambiente.
During the early seventies the artist, like other visual poets, experimented with the use of emulsion on canvas (a photographic transfer technique), often proposing images taken from the History of Art. The use of black and white and the total flatness or two-dimensionality of the image resulting from this technique makes the overlapping, or more often only the outline, of text and image more incisive. In “Ecology” (1973), Marcucci alters a painting by Daniel Fröschel depicting Adam and Eve, adding the title word and replacing the forbidden fruit with a drawn grenade, thus expressing his personal point of view on the impact of international comparisons concerning safeguarding the environment.
Lucia Marcucci – Ecologia (1973)
A partire dal 1976 i suoi lavori mostrano tracce della sua presenza fisica con l’aggiunta di frasi o iscrizioni eseguite direttamente a mano, i motti e le immagini diventano più autobiografiche o antropomorfiche. “Aa, Bb, Cc” (1977), dalla serie “Impronte”, venne presentato nella esposizione “Materializzazioni del linguaggio” durante la Biennale di Venezia del 1978. In questa stampa, il campionario alfabetico si mescola con le impronte dei seni e del ventre dell’artista stessa, facendo allusione alle immagini delle Veneri preistoriche e all’iconografia della Dea Madre.
Since 1976 his works show traces of his physical presence with the addition of phrases or inscriptions made directly by hand, the mottos and images become more autobiographical or anthropomorphic. “Aa, Bb, Cc” (1977), from the “Impronte” series, was presented in the exhibition “Materializations of language” during the 1978 Venice Biennale. In this print, the alphabetical sample mixes with the imprints of the breasts and belly of the artist herself, alluding to the images of prehistoric Venuses and the iconography of the Mother Goddess.
Lucia Marcucci – Aa, Bb, Cc, (1977)
La produzione più recente dell’artista (2000-2010) offre una ricerca ibrida che include poesia, musica, performance e comunicazione di massa, ricordando sempre il potere straordinario dell’immagine. Nella serie intitolata “Città Larga”, Lucia Marcucci propone una manipolazione di una tipologia di mezzo pubblicitario largamente diffuso agli inizi del Millennio nelle aree urbane: bandiere di tela appese sui lampioni su cui campeggiano immagini concepite secondo una logica popolare che mai si allontana dai più collaudati cliché. L’artista utilizza tali immagini per cambiare il loro significato o per accentuare l’assurdità che governa la relazione tra immagine e testo. Come nel lavoro intitolato “Sacro” (2012), ove un annuncio pubblicitario per la vendita di un liquore viene ironicamente trasformato in una apologia per telefoni mobili, o in “Our Lady” (2009), dove un annuncio pubblicitario di moda viene distorto fino a trasformarsi in una immagine biblica per amplificare il cliché della donna perfetta venduto dai media e denunciare i dettami dell’industria della moda.
The artist’s most recent production (2000-2010) offers a hybrid research that includes poetry, music, performance and mass communication, always remembering the extraordinary power of the image. In the series entitled “Città Larga”, Lucia Marcucci proposes a manipulation of a type of advertising medium widespread at the beginning of the millennium in urban areas: canvas flags hung on the street lamps on which images conceived according to a popular logic that never strays from the most proven clichés. The artist uses these images to change their meaning or to accentuate the absurdity that governs the relationship between image and text. As in the work entitled “Sacred” (2012), where an advertisement for the sale of a liquor is ironically transformed into an apology for mobile phones, or in “Our Lady” (2009), where a fashion advertisement is distorted into to transform into a biblical image to amplify the cliché of the perfect woman sold by the media and denounce the dictates of the fashion industry.
Lucia Marcucci – Our Lady (2009)
L’incitamento al consumo promosso dai mass media, con le sue immagini invasive e alienanti, avrebbero permesso a Lucia Marcucci di creare una nuova forma di linguaggio critico attraverso la poesia visiva, come d’altronde spiegato dall’artista stessa: “L’opera di poesia visiva dunque non nasce dalla letteratura o dalla pittura ma come opera autonoma del conflitto dell’uomo con i mezzi di comunicazione di massa”.
The incitement to consumption promoted by the mass media, with its invasive and alienating images, would have allowed Lucia Marcucci to create a new form of critical language through visual poetry, as explained by the artist herself: “The work visual poetry therefore does not arise from literature or painting but as an autonomous work of man’s conflict with the mass media”.
Lucia Marcucci – Non c’è dove posare lo sguardo (2012)
Il lavoro di Lucia Marcucci è stato messo in evidenza al MAMAC nelle mostre collettive “She-Bam Pow Pop Wizz! Les Amazones du POP”, 2020-21 – a cura di Hélène Guenin e Géraldine Gourbe; e “Vita Nuova. Nuovi numeri nell’arte in Italia 1960-1975”, estate 2022 – a cura di Valérie Da Costa.
Lucia Marcucci’s work was highlighted at the MAMAC in the group exhibitions “She-Bam Pow Pop Wizz! Les Amazones du POP”, 2020-21 – curated by Hélène Guenin and Géraldine Gourbe; and “Vita Nuova. Nouveaux enjeux de l’art en Italie 1960-1975”, summer 2022 – curator Valérie Da Costa.
Il CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia rende omaggio alla storica galleria Il Gabbiano che, in cinquant’anni di ricerca artistica e con oltre 500 mostre, ha portato in città le eccellenze dell’arte contemporanea italiana e internazionale, con approfondimenti dedicati alla Poesia visiva, a Fluxus, all’Arte concettuale, alla Body Art e alle esperienze legate alla musica e al suono.
L’esposizione “Attraverso l’arte. La galleria Il Gabbiano 1968-2018“, in programma dal 27 maggio al 25 settembre 2022 al secondo piano del Museo e nella project room, è curata da Mario Commone in dialogo con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte e Marta Manini, ideatrice del progetto grafico e di allestimento; la direzione del progetto è affidata ad Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati, conservatrici del Centro.
Il Gabbiano ha avuto il merito di porre al centro del suo percorso la figura dell’artista, attenzione posta fin dagli esordi probabilmente perché la galleria, attiva dal 1968 al 2018, è stata sempre condotta da soli artisti, spinti dalla necessità di avere tra di loro e con il pubblico uno spazio di dialogo e di confronto. Ci sono comunque state nel corso degli anni fruttuose collaborazioni con critici e storici dell’arte, nonché galleristi, che hanno contribuito a ramificare sempre più la rete di contatti e conoscenze che ha reso la galleria nota a livello nazionale e con numerosi contatti anche all’estero.
La galleria Il Gabbiano nasce alla Spezia nel 1968 per volontà di una dozzina di artisti. Un’esigenza probabilmente scaturita dalla mancanza in città di situazioni analoghe ed essendo venuto meno da pochi anni anche il Premio del Golfo, rassegna periodica di pittura di rilevanza nazionale.
Gli interessi del Gabbiano – nel frattempo gli artisti che compongono il circolo si riducono a quattro (Fernando Andolcetti, Cosimo Cimino, Mauro Manfredi e Clara Milani) – si orientano poi verso le ricerche d’avanguardia che si affiancano al concettuale, quali la Poesia visiva e Fluxus, in particolare grazie ai rapporti con artisti importanti come, ad esempio, Mirella Bentivoglio, che ha contribuito a mettere in relazione tutta una serie di altri artisti che lavoravano secondo un linguaggio legato sia alla parola che all’immagine fotografica, quindi alla loro connessione. Altro artista e teorico importante che ha stretto una ininterrotta collaborazione fino agli ultimi anni è Lamberto Pignotti, tra i padri della Poesia visiva, con lui Lucia Marcucci, Eugenio Miccini e Giuseppe Chiari, tutti protagonisti di collaborazioni e mostre personali alla galleria Il Gabbiano.
Lucia Marcucci – Logopatia (2006)
Negli anni quindi Il Gabbiano ha visto passare opere di numerosissimi artisti, oltre a quelli già citati, ad esempio, la spezzina Ketty La Rocca – contribuendo a far conoscere il suo importante lavoro -, Mimmo Rotella, Ugo Nespolo, Richard Smith, Ben Vautier, Philip Corner, Takako Saito, Jiri Kolář, Emilio Isgrò, Ben Patterson, Sarenco, Rodolfo Vitone, Maria Lai, Gillo Dorfles, Nanni Balestrini, Pietro Grossi.
Un capitolo a parte merita il sodalizio con il pittore Edo Murtić, che a partire dal 1970 ha realizzato numerose mostre personali, lavorando praticamente in esclusiva e producendo litografie inedite per Il Gabbiano.
Il progetto espositivo ripercorre la cinquantennale vicenda della galleria attraverso una silloge di oltre centocinquanta opere. Nella project room è inoltre proposta un’installazione corale, che riprende le dinamiche espositive della galleria, caratterizzate sovente da mostre collettive e tematiche, per le quali i partecipanti, in formazione variabile, erano chiamati a inviare un’opera secondo le indicazioni richieste, creando delle vere e proprie collane che avevano anche uno sviluppo editoriale. Per l’occasione, cinquanta artiste e artisti, che nel corso degli anni hanno esposto al Gabbiano, sono stati invitati a dare un contributo-omaggio alla mostra sotto forma di bandiera. La bandiera diventa così simbolo di libertà e leggerezza, elementi che hanno sempre contraddistinto l’identità del Gabbiano.
A cura di Mario Commone In collaborazione con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte, Marta Manini Direzione del progetto: Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati
Lucia Marcucci (Firenze, 1933) è una delle principali esponenti del Gruppo 70, movimento nato a Firenze negli Anni Sessanta. L’obiettivo del Gruppo 70 è stato quello di rivalutare la parola in un momento in cui si assisteva allo sviluppo massiccio dei mass media.
Nelle opere di Lucia Marcucci si mescolano slogan estrapolati dai media e immagini che determinano un potente effetto evocativo. Un approccio con cui l’artista riscrive la realtà attraverso una denuncia che spazia dal ruolo delle donne, in netta opposizione a una società di stampo patriarcale, alla rivendicazione di libertà e pace, evidenziando i controsensi delle guerre.
Lucia Marcucci ha partecipato a varie rassegne internazionali tra cui la Biennale di Venezia (1972, 1978, 2009 e 2011) e la Quadriennale di Roma (1986). Ha inoltre preso parte ad esposizioni curate da nomi di spicco nel campo dell’arte quali Renato Barilli, Gillo Dorfles e Achille Bonito Oliva.
Lucia Marcucci – Braque: datemi il mio blu (1964)
La Galleria degli Uffizi ha acquisito la sua opera Autoritratto (Perfection) inserita nella Collezione di Autoritratti degli Uffizi. Altri importanti musei hanno opere della Marcucci nelle collezioni, tra cui il MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea a Roma, “Imago Mundi” Collezione Luciano Benetton a Treviso e il Centro per l’arte contemporanea Pecci di Prato.
Lucia Marcucci – Prima linea (1965)
Per la casa di moda Dior Lucia Marcucci ha ideato l’opera Vetrata di poesia visiva, una grande installazione che ha trasformato l’ambiente della sfilata prêt-à-porter in un maestoso palco con immagini colorate e luce, richiamando la dimensione sacra delle finestre con vetrate policrome delle cattedrali gotiche. Le finestre contemporanee, ideate da Lucia Marcucci, si componevano di immagini pop moderne che dialogavano con capolavori della storia dell’arte, da Giotto a Piero della Francesca, da Georges de La Tour a Claude Monet, creando associazioni che mettono l’artista al centro del dibattito sul nuovo femminismo e la comunicazione nell’ambito della rivoluzione digitale. Immagini di lavori di Lucia Marcucci sono state usate per gli abiti delle coriste presenti sul palco.
Lucia Marcucci – Delicatamente (1965)
A Žilina, nell’esposizione che è una delle iniziative di maggior rilievo della 15° edizione del festival italiano in Slovacchia “Dolce Vitaj”, saranno presentate altresì delle opere vicine a quanto visto a Parigi, nella sfilata di Dior.
Curatore: Simone Frittelli
Považská Galéria Umenia, Žilina (Slovacchia): 26 maggio – 02 luglio 2022
For the first time in France since 1981, the MAMAC of the city of Nice presents a major project dedicated to the Italian art scene between 1960 and 1975. Bringing together 130 works by 60 artists, “Vita Nuova” offers an unprecedented perspective on a major art scene.
“Vita Nuova. New issues for art in Italy 1960-1975” aims to uncover the extraordinary vivacity of artistic creation in Italy between 1960 and 1975, whose diversity remains very little known in France – with the exception of the works of Arte Povera artists. Between the early 1960s and mid 1970s, Italy experienced a particularly fertile and exceptional period, inextricably linked to the richness of cinema and literature of the period. Paradoxically, since the exhibition held at the Centre Pompidou National Museum of Modern Art (Paris) in 1981 – “Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959”, curated by Germano Celant (1940-2020) – there has been no major overview of this remarkable art scene in France. Between the early 1960s and mid 1970s, Italy experienced a particularly fertile and exceptional period, inextricably linked to the richness of cinema and literature of the period. Paradoxically, since the exhibition held at the Centre Pompidou National Museum of Modern Art (Paris) in 1981 – “Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959”, curated by Germano Celant (1940-2020) – there has been no major overview of this remarkable art scene in France. Curated by Valérie Da Costa, art historian, specialist in Italian art, “Vita Nuova. New issues for art in Italy 1960-1975” makes up for this historical gap, offering an unprecedented take on these fifteen years of creation from 1960 – which corresponds to the first exhibitions of a new generation of artists (born between the years 1920 and 1940) active in Genoa, Florence, Milan, Rome and Turin – to 1975, a year marked by the tragic death of the writer, poet and director Pier Paolo Pasolini (1922-1975). The year 2022 marks the centenary of his birth.
This generation of artists offered up new ways of understanding and making art: they illustrated a form of vita nuova (“new life”) – a title borrowed from Dante’s eponymous book (Vita Nova) which, while serving as an ode to love, asserts a new way of writing – marking Italian art in this period and contributing to its international recognition. During the 1960s and 1970s, Italy’s transformation (industrialism, consumer society, political instability, etc.) resulted in new modes of representation. It is this historical and political context that forms the background of this exhibition. This exhibition adopts on a resolutely thematic approach and is organised around three key topics: A society of images, Reconstructing nature and The body’s memory, all considered in a porous and cross-cutting nature, in order to demonstrate the circulation of artists, forms and ideas between visual, ecological and corporeal issues. The exhibition aims to present a diverse, non-exhaustive artistic landscape, composed of a selection of artists – some of whom have been forgotten in the world of Italian art (particularly with regard to female artists) – whose work is exhibited for the first time in France and has been recently rediscovered in their own country. Developed as a multidisciplinary exhibition, “Vita Nuova” explores the links that have been established simultaneously between visual creation, design and cinema. The exhibition aims to present a diverse, non-exhaustive artistic landscape, composed of a selection of artists – some of whom have been forgotten in the world of Italian art (particularly with regard to female artists) – whose work is exhibited for the first time in France and has been recently rediscovered in their own country. The exhibition presents 60 artists, including many women artists, through a selection of 130 works and archival documents from Italian and French, public and private collections.
A SOCIETY OF IMAGES
During the 1960s and 1970s, Italy’s transformation (economic miracle, industrialism, consumer society, political instability, etc.) resulted in new modes of representation. Italian cinema was in its golden age. With the Cinecittà studios, Rome was nicknamed “Hollywood on the Tiber”. Cinema stars entered the world of the canvas, while artists used cinema in their works. The image of the woman, advertising, television, cinem a and the artistic heritage of Antiquity and the Renaissance, together with the contemporary city and questions of sexuality and gender, all became subjects to be explored. This effervescence would be counterbalanced at the end of the 1960s by increased political a nd social tensions (events in the spring of 1968, strikes in the autumn of 1969, the attack on the Piazza Fontana in December 1969, the Borghese coup d’état in 1970, etc.), eliciting a significant reaction among artists.
The theme of the “reconstruction of nature” (“ricostruzione della natura”) is borrowed from Pino Pascali, who affirmed its free interpretation in his works. In this highly industrialised world, the time had come to raise awareness about the excesses of our consumer society. Here, nature is represented as a resource and a central subject for certain artists who, seeking a form of degrowth, use it in their creations. As such, they develop various filmed actions that interact with natural elements (wind, sun, earth, sand and water), or even interpret it via primary and artificial materials to design sculptures and installations that recreate nature in its strictest elementarity. During these years, artists and desi gners shared a common interest in the forms of nature explored; this practice was all about bringing art into life.
Giovanni Anselmo, Archizoom, Pier Paolo Calzolari, Mario Ceroli, Piero Gilardi, Pietro Derossi con Giorgio Ceretti e Riccardo Rosso, Gino De Dominicis, Laura Grisi, Maria Lai, Mario Merz, Gina Pane, Luca Maria Patella, Claudio Parmiggiani, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Marinella Pirelli, Ettore Spalletti.
THE BODY’S MEMORY
“That which always speaks in silence is the body” (“Ciò che sempre parla in silenzio è il corpo”), wrote is memory Alighiero Boetti. The sculpture the trace of the body just as painting is movement. In Italy in the early 1970s, many artists used their bodies as an element of reference, measurement, distortion and performance, rather than as a single material with which to interact in contrast with the spectacular and exhibitionist themes of body art. These works are born from the body or evoke its memory from a more conceptual perspective. The body is also a political object that questions gender and history through a performative approach, whether personal or collective. For some artists, this participatory experience opens itself up to the public space, thereby rendering it a form of social art.
Carla Accardi, Vincenzo Agnetti, Giovanni Anselmo, Irma Blank, Claudio Cintoli, Giorgio Griffa, Paolo Icaro, Ketty La Rocca, Eliseo Mattiacci, Franco Mazzucchelli, Fabio Mauri, Marisa Merz, Ugo Nespolo, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Luca Maria Patella, Carol Rama, Gilberto Zorio.
Curated by Valérie Da Costa
Project Manager: Laura Pippi-Détrey
Director of MAMAC: Hélène Guenin
Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain (MAMAC) – Nice (France) 14 May 2022 – 2 October 2022