POESIE E NO / LUNA – PARK (1966) | Teatro Universitario – Salone degli Specchi | Venezia
POESIE e NO – A cura di Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti. Testi di Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti. Azione pittorica di Antonio Bueno. Teatro Universitario, Ca’ Foscari, Venezia.
LUNA – PARK – Con Baj, A. Bueno, Bugli, B. Oliva, S. Bussotti, Chiari, Del Pezzo, Guala, Loffredo, L. Marcucci, Matarese, Melani, Miccini, Moretti, Paladino, Pascali, Persico, Pignotti, Raffaele, Ximenes, G. Ziveri. Salone degli Specchi, Ca’ Giustinian, Venezia.
PROMOTORI: Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti.
LUOGO: Firenze
PARTECIPANTI (elenco di coloro che, a vario titolo, hanno partecipato ai convegni, mostre, e/o iniziative editoriali del Gruppo): Luciano Anceschi, Nanni Balestrini, Renato Barilli, Achille Bonito Oliva, Vinicio Berti, Antonio Bueno, Sylvano Bussotti, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Danilo Giorgi, Alfredo Giuliani, Pietro Grossi, Angelo Guglielmi, Emilio Isgrò, Klaus Koening, Francesco Leonetti, Silvio Loffredo, Luca (Luigi Castellano), Roberto Malquori, Stelio Maria Martini, Hans-Klaus Metzger, Alberto Moretti, Gualtiero Nativi, Giulia Niccolai, Elio Pagliarani, Michele Perfetti, Antonio Porta, Edoardo Sanguineti, Giuliano Scabia, Adriano Spatola, Aldo Tagliaferri, Luigi Tola, Patrizia Vicinelli, Cesare Vivaldi, Roman Vlad, Guido Ziveri.
Logo del Gruppo ’70
Costituitosi nel maggio del 1963, in seguito al convegno Arte e comunicazione promosso da Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini, Sergio Salvi e Silvio Ramat, il Gruppo ’70 è formato da una frastagliata compagine di poeti, narratori, critici, intellettuali, artisti e musicisti, per lo più legati alla scena sperimentale fiorentina, e in particolare al côté della rivista «Quartiere», all’esperienza pittorica di Nuova Figurazione (A. Bueno, V. Berti, G. Nativi, C. Cioni, S. Loffredo, A. Moretti, R. Guarnieri), alla scuola di Nuova Musica (S. Bussotti e G. Chiari). Il nucleo dei promotori è costituito in prima istanza da Lamberto Pignotti e Eugenio Miccini (i due teorici e fondatori del gruppo), ai quali si aggiungono tra il 1963 e il 1965 Giuseppe Chiari, Lucia Marcucci, Ketty La Rocca, Luciano Ori. Le premesse teoriche per la promozione del Convegno e la nascita del Gruppo si sviluppano all’interno della rivista «Quartiere», pubblicata a Firenze dal 30 giugno 1958 al 31 dicembre 1960 (prima serie), per iniziativa di Gino Gerola, Sergio Salvi, Giuseppe Zagarrio, Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini. La rivista proponeva una riflessione sul rapporto tra letteratura e società, con particolare attenzione al linguaggio e ai nuovi temi connessi allo sviluppo tecnologico e scientifico. Nel 1962, Pignotti approfondisce il discorso in due articoli apparsi sulla rivista «Questo e Altro» (L’industria che non si vede; La poesia tecnologica), nei quali, sulla scorta delle teorie estetiche di Max Bense, formula l’ipotesi di una “poesia tecnologica”, capace cioè di avvalersi dei temi, delle tecniche e dei linguaggi della comunicazione di massa per farsi interprete dei profondi cambiamenti intervenuti all’interno della società. Tema questo, che costituisce l’argomento centrale del convegno organizzato nel 1963 – Arte e comunicazione – i cui atti sono pubblicati nell’inserto «Dopotutto» curato da Pignotti e Eugenio Miccini, per la rivista «Letteratura» (adesso consultabili in La poesia in immagine / l’immagine in poesia. Gruppo 70. Firenze 1963-2013, a cura di T. Spignoli, M. Corsi, F. Fastelli, M. C. Papini, Campanotto, Pasian di Prato 2014, pp. 189-213). Il convegno – sponsorizzato dall’Azienda di Promozione Turistica – vide la partecipazione di alcuni membri del futuro Gruppo 63 (B. Barilli, U. Eco, E. Pagliarani, E. Sanguineti) oltre a numerosi esponenti della scena intellettuale e avanguardistica italiana e internazionale, tra cui L. Anceschi, G. Dorfles, P. Grossi, C. Vivaldi, R. Vlad, K. Metzger, K. Koening. Nel suo intervento, Pignotti rileva come tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta si sia verificata una standardizzazione degli stilemi tipici dell’avanguardia artistica e letteraria, adottati dal linguaggio pubblicitario e dall’industria, che a suo avviso è divenuta l’«unica committente dell’arte, agevolandone il consumo e convertendolo in usura», per tale motivo occorre superare l’avanguardia per collocarsi al di fuori dei meccanismi del mercato propri della società capitalistica, attraverso l’adozione di nuove tecniche di composizione, come il “collage” linguistico e la commistione tra registro verbale e registro visivo, nella consapevolezza del ruolo preminente assunto dalle immagini nella comunicazione di massa. Ciò ha come esito esperimenti interdisciplinari che mescolano programmaticamente i diversi generi della creazione artistica, in direzione di una poesia da vedere e di una pittura da leggere (cfr. L. Pignotti, Poesia da vedere e pittura da leggere, «Letteratura», n. 69-70-71, maggio-ottobre 1964, p. 235). In questo senso sono da intendersi due mostre organizzate alla fine del 1963, ovvero Area letteraria nella Nuova Figurazione, a cura di Corrado Del Conte e Franco Manescalchi presso la Galleria Il Fiore di Firenze (14-31 dicembre), con la partecipazione di Pignotti, Miccini, Luzi, Gatto, Fortini; e Tecnologica, primo evento organizzato dal Gruppo 70, presso la Galleria Quadrante tra il 19 dicembre 1963 e l’8 gennaio 1964, con opere dei pittori Bueno, Loffredo, Moretti, spartiti contaminati con la pittura e la letteratura di Bussotti e Chiari, e poesie visive di Miccini e Pignotti. Il tema della mostra, ovvero il rapporto tra arte e tecnologia, è alla base del secondo convegno (il primo promosso e organizzato dal Gruppo 70), che si tenne al Forte Belvedere di Firenze nei giorni 27, 28, 29 giugno 1964, con il titolo proprio di Arte e tecnologia. L’evento vide la partecipazione di importanti personalità del panorama letterario, artistico e musicale, come Anceschi, Dorfles, Eco, Vlad, Kagel, Brown, Cage, Chiari, Bussotti, Higgins, Rzewski. Al convegno fu affiancata una mostra presso la Galleria Santa Croce, con opere di Bueno, Del Pezzo, Loffredo, Moretti, Ori, Mondino, Rotella, Schifano, Barni e Malquori, una serie di “concerti-letture” dedicati a poeti sperimentali e a musicisti d’avanguardia. Gli atti, pubblicati sulla rivista «Marcatré» (nn. 11-12-13, 1965, pp. 104-177), sono introdotti da una breve presentazione di Giuseppe Chiari, curatore della parte «spettacolare-artistica» della manifestazione, che mette in evidenza la natura interdisciplinare e perfomativa dell’evento, non a caso definito con il termine di Festival, poi sigla scelta per i futuri incontri del Gruppo. La parte «teorico-saggistica» è invece a cura di Miccini e Pignotti, che nei due interventi di apertura definiscono le linee programmatiche dell’operazione teorica e letteraria, sempre più connotata come azione di esplicito dissenso culturale. Ciò appare evidente sin dal titolo della breve nota di Miccini – Trasformare i mass media in mass culture (ivi, pp. 106-107)– nella quale oltre a ribadire l’interesse per i linguaggi tecnologici che «sono il tramite biunivoco tra la scienza e il senso comune, tra le costruzioni concettuali e l’esercizio pragmatico, tra l’ideale e il fattuale, tra l’ideologia e la tecnologia», ribadisce la necessità di avvicinare la letteratura ai linguaggi della comunicazione di massa per “trasformarli” in senso estetico. In maniera ancor più radicale, in La suggestione di Gordon Flash (ivi, pp. 107-109), Pignotti indica i caratteri della nuova “arte tecnologica” non solo nell’assunzione dei linguaggi della società di massa, tra cui, ad esempio, il fumetto e il fotoromanzo, ma anche nell’adozione dei mezzi di comunicazione tipici della comunicazione di massa, in modo da diffondere il prodotto estetico all’interno del tessuto sociale. L’operazione si basa su una programmatica intermedialità e interdisciplinarietà, volta alla mescolanza di più generi (poesia, musica, pittura) e di più media (il quadro, il libro, la musicassetta, il videotape), utilizzando il bacino di immagini iconiche e il repertorio verbale della società contemporanea, prelevato da riviste, giornali, fotoromanzi, fumetti, grafici matematici, note amministrative, ecc…, e poi liberamente ricombinato in un “prodotto” estetico che si pone come radicalmente alternativo sia alla tradizione che ai generi artistici e letterari di consumo, veicolati dal mercato dell’arte o dall’industria editoriale. In questo senso occorre ricordare lo spettacolo performativo Poesie e no – vero e proprio happening ante litteram – rappresentato per la prima volta il 4 aprile 1964 al Gabinetto Scientifico Letterario «G. P. Vieusseux» di Firenze, poi replicato al medesimo anno al Piccolo Teatro Città di Livorno, con regia di Enrico Sirello e quindi messo in scena direttamente dai componenti del Gruppo 70 (Marcucci, Miccini, Pignotti, cui si aggiunsero Bueno e Isgrò) alla Libreria Feltrinelli di Roma (centro culturale assai legato al Gruppo 63) nel 1965. Lo spettacolo prevedeva letture poetiche, la proiezione di video-tape, la realizzazione di manifesti di poesie visive, la riproduzione di musiche sperimentali e una serie di azioni provocatorie diretta al pubblico, per stimolarne la reazione. La tendenza performativa e spettacolare, così come l’idea di utilizzare il quadro e il manifesto come medium privilegiato della poesia, risponde al tentativo di connotare in senso estetico la vita sociale, a partire dal contesto urbano, con l’idea provocatoria di «affiggere poesie per le strade e per le piazze», come afferma Pignotti nell’intervento dedicato alla mostra di poesia visiva organizzata dal Gruppo 70 in occasione del Convegno del 1965 del Gruppo 63 («Dopotutto», inserto di «Letteratura», n. 73, 1965, p. 75). Ciò risulta evidente in una serie di iniziative organizzate proprio a partire dal 1965, ovvero il terzo Convegno promosso dal Gruppo e definito come un Festival, sin dal titolo – Terzo Festival – che si tenne presso la Galleria La Vigna Nuova e la Galleria Numero di Firenze dal maggio al luglio 1965, con una serie di iniziative diffuse nella città, come eventi, dibattiti, mostre e concerti, articolati in quattro sezioni (Argomenti, Pittura, Musica, Poesia), cui si somma un’importante mostra – Luna Park – nella quale è esposta un’opera interdisciplinare – Preistoria contemporanea – realizzata da Bueno, Moretti, Raffaele, Pignotti, Bussotti. Alla manifestazione prendono parte numerosi esponenti della scena artistica e intellettuale italiana e straniera; tra di essi si segnalano anche alcuni membri del Gruppo 63 (Balestrini, Sanguineti, Pagliarani, Porta, Scabia) e alcuni esponenti dell’avanguardia verbovisiva, come Adriano Spatola, Stelio Maria Martini, e Luigi Tola, legati rispettivamente al vivace clima romagnolo, dove operava l’editore Sampietro (Spatola), al Centro Continuum di Napoli (Martini), e all’ambiente genovese e milanese (Tola). La seconda iniziativa riguarda proprio l’editore Riccardo Sampietro che in quell’anno dà alle stampe la prima antologia di poesia visiva (Poesie visive), pubblicata nella collana «il dissenso», in quattro volumetti composti da schede singole con opere di N. Balestrini, A. Bonito Oliva, D. Giorgi, Luca (L. Castellano), E. Isgrò, E. Miccini, L. Pignotti, L. Marcucci, S. Maria Martini, L. Ori, A. Porta, A. Giuliani, A. Spatola, L. Tola, G. Ziveri. L’antologia, in linea con il medesimo intento della collana, che ospita negli anni numerose opere verbovisive, si propone di portare all’attenzione del pubblico un prodotto controculturale, capace di provocare tra le «domestiche pareti» dei «borghesi benpensanti», «un’esplosione non soltanto rumorosamente formale ma anche concretamente ideologica» (L. Pignotti, Introduzione all’antologia). Nel 1965 si afferma infatti pienamente la tecnica compositiva del collage di immagini e frasi tratte da quotidiani, rotocalchi, riviste, fumetti, ecc… che ha come scopo quello di servirsi dei linguaggi della comunicazione di massa per svelarne l’insensatezza e il vuoto ideologico, soprattutto rispetto a temi di cogente attualità come le diseguaglianze tra l’Occidente e i paese del terzo mondo, la guerra in Vietnam, i costumi e la morale restrittiva della società borghese. Miccini descrive l’operazione come la “tecnica del cavallo di Troia”, laddove la poesia visiva si serve dei feticci e delle icone della società di massa per contestarne gli assunti principali. In questo senso egli descrive la poesia visiva come una «guerriglia» (con riferimento anche a Burroughs e alla beat generation), che «si serve non solo della parola e dell’immagine, ma anche della luce, del gesto, insomma di tutti gli strumenti “visibili” del comunicare, e deve necessariamente e progressivamente tendere a trasformare i propri mezzi (qualora ne possa ipotizzare e realizzare mediante un circuito clandestino) in quelli delle comunicazioni di massa fino ad impadronirsene (come voleva Burroughs) per trasformare “con” essi la società stessa» (Poesia e/o poesia. Situazione della poesia visiva italiana, a cura di E. Miccini, Edizioni Sarmic, Brescia-Firenze 1972). Utilizzando quindi tutte le risorse a disposizione, l’azione sperimentale riguarda sia il tradizionale medium del libro con la creazione di libri d’artista, presso case editrici indipendenti (come Sampietro), oppure in ciclostile, che la messa in scena di veri e propri happening in cui convergono più media (il teatro, il videotape, i gesti e le azioni del corpo, la musica). A questo proposito vale la pena di ricordare le azioni performative di Ketty La Rocca, spesso realizzate assieme agli altri membri del Gruppo, come Approdo (1967) e Volantini sulla strada (1967), oltre alla manifestazione Parole sui muri. Prima Esposizioni Internazionale di Manifesti (1967, a cura di C. Parmeggiani e A. Spatola), che si tenne a Fiumalbo, trasformando l’intero paesino in una sorta di spazio artistico a cielo aperto, con happening e installazioni di vario genere. Tali eventi esprimono l’utopia di una riappropriazione in senso estetico dello spazio pubblico della città, in linea con quanto proposto dall’Internazionale Situazionista, secondo modalità provocatorie e giocose che saranno poi riprese dai gruppi italiani della scena beat, sia per quanto riguarda l’organizzazione di reading e festival, sia soprattutto relativamente all’assunzione di strategie provocatorie volte a suscitare shock nello spettatore. In questo periodo i membri del Gruppo sono in stretto contatto con altri centri di sperimentazione verbovisiva del territorio italiano, come ad esempio il centro Continuum di Napoli, i nuclei sperimentali di Genova come il Gruppo Studio, la Galleria La Carabaga, la rivista «Ana Eccetera», il centro Tool di Milano; attraverso di essi si viene a delineare una diffusa rete di controcultura che precede cronologicamente la nascita del movimento beat italiano e della contestazione studentesca. Non a caso il gruppo si scioglie nel 1968, in coincidenza con l’acuirsi della protesta politica e sociale che sconvolge il paese e che di fatto porta ad un esaurimento delle manifestazioni artistiche controculturali, in certo senso riassorbite o modificate dal dilagare dei movimenti giovanili. I membri del Gruppo continueranno tuttavia ad operare sia singolarmente che attraverso la costituzione di riviste, gruppi, e centri culturali, come ad esempio il Gruppo di Poesia visiva internazionale, il centro Téchne di Eugenio Miccini, la rivista «Lotta Poetica» di Sarenco.
CONVEGNI: Arte e comunicazione, 24-26 maggio 1963, Firenze Arte e tecnologia, 27-29 maggio 1964, Firenze Terzo Festival / Gruppo ’70, 28 maggio-22 luglio 1965, Firenze
RIVISTE: «Protocolli», inserto di «Letteratura» (Roma, 1961-1964); «Marcatrè» (1963-1970, Genova, Roma, Milano); «Dopotutto», inserto di «Letteratura» (Roma, 1964-1966).
CASE EDITRICI: Sampietro (Bologna).
BIBLIOGRAFIA: Per la storia del Gruppo ’70 si rimanda all’imprescindibile catalogo curato da L. Saccà, La parola come immagine e come segno. Firenze: storia di una rivoluzione colta (1960-1980), Pacini Editore, Pisa 2000; e, tra le molte pubblicazioni, a: Parole contro, 1963-1968. Il tempo della Poesia Visiva, a cura di L. Fiaschi, Carlo Cambi Editore, Siena 2009; La poesia in immagine / l’immagine in poesia. Gruppo 70. Firenze 1963-2013, a cura di T. Spignoli, M. Corsi, F. Fastelli, M. C. Papini, Campanotto, Pasian di Prato 2014. Per un approfondimento della linea di contestazione culturale e politica propria del Gruppo, si segnala Lotta poetica. Il messaggio politico nella poesia visiva 1965-1978, a cura di B. Carpi De Resmini, Guidonia Montecelio (Roma), Iacobelli Editore 2017.
[testo di Teresa Spignoli, tratto dal progetto di ricerca online LE CULTURE DEL DISSENSO, Università degli Studi di Firenze]
L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine – Milano, 2023
La Fondazione Mudima inaugura la mostra dal titolo L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine a cura di Giacomo Zaza, che inaugura martedì 9 maggio alle ore 18:00, con opere di Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Betty Danon, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Magdalo Mussio, Luciano Ori, Stephanie Oursler, Lamberto Pignotti, Berty Skuber. Il titolo della mostra fa riferimento agli scambi perpetui che dagli anni Cinquanta in poi hanno caratterizzato una certa produzione artistica che afferisce al linguaggio, alla poesia, alla letteratura, e che ha generato degli spostamenti tra l’immagine, il segno e la parola, creando spazi e tempi dalla valenza polisemantica. In questo senso, puntuale è un assunto relativo al linguaggio pensato e scritto da Cesare Brandi: “Testo letterario e testo figurativo si pongono naturalmente come due formazioni parallele, indipendentemente dal fatto che insistano o no su uno stesso genotipo o per dirlo in modo meno formale ma più corrente, sullo stesso contenuto”. Ed è proprio da qui che parte la riflessione sull’idea di opera d’arte come “linguaggio oggetto” che si sviluppa nella produzione di un gruppo di artisti e poeti attivi da diverse decadi, che fanno del linguaggio elemento chiave del loro operato, sia dal punto di vista del significante che da quello del significato. Quello entro cui lavora ognuno degli artisti in mostra è un ambito di confine, in cui la parola assume un ruolo centrale. La PAROLA non ha solo un valore etico, legato al significato e al messaggio che esso trasferisce, ma ha anche un valore estetico legato all’aspetto, alla sua forma, al contesto entro il quale si colloca. Essa si dispiega sulla superficie come graphè e phonè, linguaggio e voce, dichiarando la natura ibrida e “meta – orfica” del segno. A volte entra in simbiosi con un’immagine “iconica” (tratta dai media) per produrre nuovi rapporti e discorsi. Un processo di intersezione dai risvolti decisamente performativi. L’idea della mostra insiste su opere che possono essere valutate sul piano dell’espressione e sul piano del contenuto. Gli artisti e le artiste presenti sono spesso anche poeti e poetesse e in questo senso i confini linguistici scompaiono o quantomeno si assottigliano ulteriormente in favore di nuovi territori. La parola rimane tale o diventa segno, ma continua a farsi portatrice di significati e di visioni (immagini che a loro volta sono altresì contenuto e forma).
Autori principali: Lucia Marcucci, Lamberto Pignotti, Antonio Bueno, Ketty La Rocca, Eugenio Miccini, Giuseppe Chiari, Luciano Ori, Emilio Isgrò (1964-1967)
Lo spettacolo Poesie e no fu presentato per la prima volta il 4 aprile 1964 al Gabinetto Scientifico Letterario «G.P. Vieusseux». Esso prevedeva la lettura di poesie di Giovanni Giudici, Angelo Guglielmi, Francesco Leonetti, Eugenio Miccini, Elio Pagliarani, Lamberto Pignotti, Giovanni Raboni, Roberto Roversi, Gianni Toti, accompagnate dalle musiche di Sylvano Bussotti e Giuseppe Chiari. Nello stesso anno fu messo in scena al Piccolo Teatro Città di Livorno, dal Centro artistico Il Grattacielo, con cui in quel periodo collaborava Lucia Marcucci. Secondo quanto indicato dal volantino, lo spettacolo andò in scena sabato 23 maggio, domenica 24 maggio, mercoledì 27 maggio, giovedì 28 maggio, sabato 30 maggio e domenica 31 maggio, con la regia di Enrico Sirello, e i seguenti attori: Marcella Aurili, Aldo Bagnoli, Alberta Morelli, Giancarlo Santerini, Mario Sassetti. Il copione era composto da testi di Giudici, Guglielmi, Leonetti, Miccini, Pagliarani, Pignotti, Raboni, Roversi, Toti, Vivaldi, cui si aggiungevano brani da autori classici come Esopo e Shakespeare, liberamente combinati con “estratti” prelevati da riviste e quotidiani («Il Corriere della Sera», «L’Espresso») e dal «Codice della strada», oltre a filmati (uno spezzone tratto da “La vita di Hitler”), canzoni di moda, e quattro brani musicali di Sylvano Bussotti e Giuseppe Chiari.
Centro artistico “Il Grattacielo”, Livorno (1964)
Dopo queste due prime rappresentazioni lo spettacolo fu messo in scena direttamente dai componenti del Gruppo ’70 (Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini, Lucia Marcucci), cui si aggiunsero anche Antonio Bueno ed Emilio Isgrò, che parteciparono alla manifestazione tenutasi alla libreria Feltrinelli di Roma nel 1965, con il titolo di Poesie e no 3. A quest’altezza cronologica, Poesie e no si struttura come uno spettacolo multimediale nel quale vengono attivati sinergicamente differenti linguaggi artistici, mescolati per lo più a materiali di provenienza bassa, con effetto comico e straniante. Alla lettura di testi di Pignotti e Miccini, si alterna la declamazione di notizie giornalistiche e sportive, di articoli del codice della strada, di slogan di vario tipo, e di brani di romanzi rosa o fantascientifici, ricombinati in un insieme volto a provocare e stravolgere lo spettatore; a ciò si accompagna l’esecuzione delle partiture di Giuseppe Chiari registrate su nastro magnetico a cui si frappongono spezzoni di canzonette popolari, e suoni concreti. Sulla scena vengono eseguite contemporaneamente alcune azioni pittoriche realizzate da Lucia Marcucci che nel corso dello spettacolo affigge manifesti da lei creati, per poi strapparli, e vengono proiettati film sperimentali; inoltre alla tecnica cinematografica si richiama esplicitamente il montaggio dei differenti materiali, eseguito attraverso sovrapposizioni, dissolvenze, sequenze, riprese.
copione “POESIE E NO 3”
Oltre alle prime rappresentazione del 1964, si segnalano alcune sedi e date della manifestazione, alla cui realizzazione contribuirono in vario modo e in tempi diversi, Lamberto Pignotti, Eugenio Miccini, Lucia Marcucci, Ketty La Rocca, Luciano Ori, Emilio Isgrò, Antonio Bueno, Giuseppe Chiari:
1965:
Firenze, Libreria Feltrinelli
Empoli, Biblioteca Comunale
Abbazia (Croazia), Convegno della rivista “La Battana”
Palermo, Festival del Gruppo 63
Roma, Libreria Feltrinelli
Napoli, Libreria/Galleria Guida
Libreria Feltrinelli, Firenze (1966)
1966:
La Spezia, Festival del Gruppo 63
Firenze, Libreria Feltrinelli
Milano, Università l’Umanitaria
Venezia, Teatro Universitario di Ca’ Foscari
Teatro Universitario di Ca’ Foscari, Venezia (1966)
1967:
Spoleto, Festival dei Due Mondi
Firenze, Circolo García Lorca
Gallarate, Milano
Circolo García Lorca, Firenze (1967)
Si ricorda che Poesie e no fu trasmesso dal Terzo programma della RAI nel 1967. Uno dei copioni dello spettacolo è stato pubblicato da Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti, Poesie e no n. 4, «Nuova Corrente», n. 39-40, 1966.
I manifesti realizzati da Lucia Marcucci durante lo spettacolo tenutosi ad Abbazia, sono pubblicati con il titolo Poesie visive-manifesti, sulla rivista “La Battana”, Fiume, marzo 1965.
Lucia Marcucci – L’offesa (1964)
[testo di Teresa Spignoli, tratto dal progetto di ricerca online VERBA PICTA, Università degli Studi di Firenze]
Il CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia rende omaggio alla storica galleria Il Gabbiano che, in cinquant’anni di ricerca artistica e con oltre 500 mostre, ha portato in città le eccellenze dell’arte contemporanea italiana e internazionale, con approfondimenti dedicati alla Poesia visiva, a Fluxus, all’Arte concettuale, alla Body Art e alle esperienze legate alla musica e al suono.
L’esposizione “Attraverso l’arte. La galleria Il Gabbiano 1968-2018“, in programma dal 27 maggio al 25 settembre 2022 al secondo piano del Museo e nella project room, è curata da Mario Commone in dialogo con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte e Marta Manini, ideatrice del progetto grafico e di allestimento; la direzione del progetto è affidata ad Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati, conservatrici del Centro.
Il Gabbiano ha avuto il merito di porre al centro del suo percorso la figura dell’artista, attenzione posta fin dagli esordi probabilmente perché la galleria, attiva dal 1968 al 2018, è stata sempre condotta da soli artisti, spinti dalla necessità di avere tra di loro e con il pubblico uno spazio di dialogo e di confronto. Ci sono comunque state nel corso degli anni fruttuose collaborazioni con critici e storici dell’arte, nonché galleristi, che hanno contribuito a ramificare sempre più la rete di contatti e conoscenze che ha reso la galleria nota a livello nazionale e con numerosi contatti anche all’estero.
La galleria Il Gabbiano nasce alla Spezia nel 1968 per volontà di una dozzina di artisti. Un’esigenza probabilmente scaturita dalla mancanza in città di situazioni analoghe ed essendo venuto meno da pochi anni anche il Premio del Golfo, rassegna periodica di pittura di rilevanza nazionale.
Gli interessi del Gabbiano – nel frattempo gli artisti che compongono il circolo si riducono a quattro (Fernando Andolcetti, Cosimo Cimino, Mauro Manfredi e Clara Milani) – si orientano poi verso le ricerche d’avanguardia che si affiancano al concettuale, quali la Poesia visiva e Fluxus, in particolare grazie ai rapporti con artisti importanti come, ad esempio, Mirella Bentivoglio, che ha contribuito a mettere in relazione tutta una serie di altri artisti che lavoravano secondo un linguaggio legato sia alla parola che all’immagine fotografica, quindi alla loro connessione. Altro artista e teorico importante che ha stretto una ininterrotta collaborazione fino agli ultimi anni è Lamberto Pignotti, tra i padri della Poesia visiva, con lui Lucia Marcucci, Eugenio Miccini e Giuseppe Chiari, tutti protagonisti di collaborazioni e mostre personali alla galleria Il Gabbiano.
Lucia Marcucci – Logopatia (2006)
Negli anni quindi Il Gabbiano ha visto passare opere di numerosissimi artisti, oltre a quelli già citati, ad esempio, la spezzina Ketty La Rocca – contribuendo a far conoscere il suo importante lavoro -, Mimmo Rotella, Ugo Nespolo, Richard Smith, Ben Vautier, Philip Corner, Takako Saito, Jiri Kolář, Emilio Isgrò, Ben Patterson, Sarenco, Rodolfo Vitone, Maria Lai, Gillo Dorfles, Nanni Balestrini, Pietro Grossi.
Un capitolo a parte merita il sodalizio con il pittore Edo Murtić, che a partire dal 1970 ha realizzato numerose mostre personali, lavorando praticamente in esclusiva e producendo litografie inedite per Il Gabbiano.
Il progetto espositivo ripercorre la cinquantennale vicenda della galleria attraverso una silloge di oltre centocinquanta opere. Nella project room è inoltre proposta un’installazione corale, che riprende le dinamiche espositive della galleria, caratterizzate sovente da mostre collettive e tematiche, per le quali i partecipanti, in formazione variabile, erano chiamati a inviare un’opera secondo le indicazioni richieste, creando delle vere e proprie collane che avevano anche uno sviluppo editoriale. Per l’occasione, cinquanta artiste e artisti, che nel corso degli anni hanno esposto al Gabbiano, sono stati invitati a dare un contributo-omaggio alla mostra sotto forma di bandiera. La bandiera diventa così simbolo di libertà e leggerezza, elementi che hanno sempre contraddistinto l’identità del Gabbiano.
A cura di Mario Commone In collaborazione con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte, Marta Manini Direzione del progetto: Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati
Libertà sulla parola: conosciuta anche come “Parole”, nel diritto di molti paesi, può essere concessa al detenuto dopo un periodo di carcere, a fronte del suo comportamento esemplare. La libertà sulla parola è atto di fiducia e rigida regolamentazione, permesso aleatorio (verba volant), oppure, attraverso uno spostamento di senso, campo di apertura alle infinite possibilità della parola.
Osart Gallery è lieta di presentare una selezione di opere, datate a partire dagli anni Sessanta, legate all’uso della parola in alcuni degli ambiti di ricerca più fertili delle Seconde Avanguardie: poesia visiva, arte concettuale e Fluxus.
La commistione tra scrittura e arti visive, oltre al riuso di supporti che acquisiscono significati autonomi, trova fertile interpretazione in una molteplicità di gruppi artistici, confermando quanto segnalava Mirella Bentivoglio: “molti artisti, accanto ai nuovi poeti, hanno cercato di abbattere a colpi di materia la turris eburnea della letterarietà, coinvolgendo nel concetto stesso di linguaggio la semiologia dei materiali”.
Sono rappresentate in mostra parte delle ricerche Fluxus, in cui la relazione tra media diversi e le operazioni a cavallo tra parole e immagini sono costitutive. Tra gli artisti del gruppo, sono esposti Roberti Filliou, Ken Friedman, Nam June Paik, e Giuseppe Chiari.
Tra gli artisti legati all’arte concettuale internazionale che hanno indagato la relazione tra linguaggio e immagine coinvolgendo media diversi, si trovano Peter Hutchinson, Vincenzo Agnetti, Maurizio Nannucci, Salvo, Emilio Prini, Claudio Parmiggiani, Gianfranco Baruchello, Antonio Dias, Jiri Valoch.
Le sperimentazioni verbovisuali, che si sono sviluppate in una moltitudine di tendenze e gruppi, sono qui ricordate tramite la presenza di alcuni esponenti del fiorentino Gruppo 70: Lucia Marcucci e Ketty La Rocca (in cui si rintraccia la commistione di parola e rappresentazione del corpo), Lamberto Pignotti, Sarenco e Michele Perfetti. Tali sperimentazioni sono testimoniate poi dalla scrittura come registrazione onirica in Magdalo Mussio, e dall’operazione di sottrazione tramite cancellatura di Isgrò. La polimatericità degli approcci verbovisuali è propria delle ricerche di Mirella Bentivoglio, Maria Lai, Amelia Etilinger, Franca Sonnino e Anna Veruda, mentre vanno nella direzione della forte attenzione alla scrittura come gesto e segno Irma Blank, Betty Danon Chima Sunada e Marilla Battilana.
Ogni raggruppamento risulta fallace e gli artisti rappresentati si situano tra gli insiemi, nello spazio ibrido fra parola e immagine; le loro ricerche vanno nelle infinite direzioni di una assoluta Libertà sulla parola.
Una selezione di artiste “che hanno esposto nelle numerose mostre curate da Loda, in spazi pubblici e privati o nella sua galleria, e che con lei hanno condiviso progetti artistici e spesso esperienze di vita. Ma che soprattutto, come lei, hanno avvertito l’urgenza di impegnarsi fino in fondo nel mondo dell’arte, in un momento storico in cui in Italia essere donna e artista, come confida Ketty La Rocca a Lucy Lippard nel 1975, era ancora «di una difficoltà incredibile»”.
La Fondazione Berardelli apre al pubblico la mostra collettiva La poesia visiva come arte plurisensoriale nell’ambito della ricerca sulle Pratiche sinestetiche, progetto a puntate ideato dal maestro Lamberto Pignotti e curato da Margot Modonesi.
Il lavoro vuole indagare i nessi multisensoriali, le contaminazioni e l’ibridismo che si manifestano nelle opere di poesia visiva attraverso una serie di esposizioni e una collana di cataloghi che facciano luce apertis verbis su questi fenomeni.
La Fondazione Berardelli custodisce un’ampia collezione di opere di poesia visiva — esposte e pubblicate a partire dal 2007 — e con quest’ultima iniziativa intende espressamente svelare alcuni caratteri peculiari e latenti delle opere apparse sui volumi passati. Uno sguardo alternativo rivolto ad una parte di esperienze artistiche, relativamente recenti, ri-considerandole e ri-attraversandole dal punto di vista della sinestesia.
L’esposizione prevede la presenza di opere degli artisti: Fernando Aguiar, Mirella Bentivoglio, Julien Blaine, Jean-François Bory, Joan Brossa, Ugo Carrega, Giuseppe Chiari, Hans Clavin, Herman Damen, Luc Fierens, Giovanni Fontana, Claudio Francia, Ilse Garnier, Pierre Garnier, Arrigo Lora Totino, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Michele Perfetti, Lamberto Pignotti, Sarenco, Karel Trinkewitz, Ben Vautier, Franco Verdi.
Il catalogo, così come l’esposizione, saranno allestiti secondo i legami più evidenti fruibili in una serie di opere incasellandone le relazioni in spazi e capitoli: una scelta organizzativa non in linea con il significato dell’indagine — considerando che la ricerca illumina le contaminazioni sensoriali —, ma che viene adottata per palesare al pubblico la suddetta multi-sensorialità in modo trasparente e intuitivo.
Il progetto, concepito con Lamberto Pignotti, darà vita ad una serie di mostre che, dopo la prima inaugurale che riunirà tutti i sensi, nello specifico analizzino le interrelazioni esistenti tra: vista e udito, vista e olfatto, vista e gusto e infine vista e tatto. Il lavoro espositivo e scritturale — a puntate — vuole fornire strumenti altri per l’analisi di questioni che sono sì appartenenti al mondo dell’arte e della letteratura, ma che si estendono anche al più ampio universo della semiotica, delle comunicazioni e delle neuroscienze.