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A gioco fatto non si guarda per il sottile, bisogna prendere il risultato così com’è. Lo sapeva bene la Sciamana e ineluttabilmente non poteva far altro che guardare allibita quel che gli uomini terrestri avevano perpetrato e concluso. I suoi voli divenivano giorno giorno più pesanti, le sue ali faticavano a librarsi, l’aria era soffocante per tutte le polveri sottili che la impregnavano, le macchie solari si erano fatte più turbolente, i venti alisei sempre più rari. Volare per il cielo era un’impresa tutt’altro che inebriante ma restavano le cime dei ghiacciai dove l’aria rarefatta dava una leggera ubriachezza e lì la sciamana ritrovava il suo sorriso anzi le sue risate fragorose. Purtroppo nessuno la poteva sentire, nessuno la poteva vedere, solo qualche aereo frettoloso passava svelto, incurante della bianca pennuta un po’ spennacchiata, talvolta lo spostamento d’aria le toglieva qualcuna delle poche penne che ancora rimanevano sul suo corpo stanco. Non poteva fare nulla, i suoi telepoteri erano svaniti, i riti a base di fumo, sangue, danze, salitine rapide sulla scala per arrivare all’arcobaleno, smembramenti, seppellimenti e rianimazioni erano ormai solo nei suoi ricordi. Allora il gioco era proprio fatto? Qual era il risultato? Il significato dei suoi ininterrotti voli non se lo domandava, era spaventatissima di non potersi dare la risposta.

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