Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci: un percorso spiazzante, aperto al pubblico a partire dal 6 maggio 2023, che rilegge le opere raccolte dal Centro, selezionandone oltre 50 tra le circa 1200 acquisite o donate dal 1988 a oggi. Fontana,Boetti, Warhol, Richter, Kounellis, Bonvicini, Schnabel e Fumai, questi alcuni dei grandi artisti presenti nella collezione.
Per la prima volta un’ala degli spazi espositivi viene dedicata in modo permanente alla presentazione delle collezioni. Firma il progetto del display lo studio Formafantasma secondo criteri di sostenibilità e accessibilità, tematiche che ispirano l’azione di direzione artistica nella proposta del Centro. L’Ala grande Nio (dall’architettura realizzata nel 2016 da Maurice Nio) si trasforma così in un luogo ancora più inedito per vivere il Centro Pecci, raccontare Prato e conoscere l’arte contemporanea dal dopoguerra a oggi.
Artisti in esposizione: Vito Acconci, Archizoom, Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Mirella Bentivoglio, Edo Bertoglio, Alighiero Boetti, Monica Bonvicini, Giulia Cenci, Daniela De Lorenzo, Sylvie Fleury, Lucio Fontana, Chiara Fumai, Marco Gastini, Nan Goldin, Dmitri Gutov, Ilya Kabakov, Anish Kapoor, Kinkaleri, Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Nanda Lanfranco, Paul Etienne Lincoln, Jacques Lipchitz, Francesco Lo Savio, Lucia Marcucci, Silvia Mejía, Verita Monselles, Liliana Moro, Robert Morris, Mimmo Paladino, Gianni Pettena, Gerhard Richter, Julian Schnabel, Superstudio, Francesco Torrini, UFO, VALIE EXPORT, Andy Warhol.
Lucia Marcucci – Un proverbio cinese (1964)
A cura di Stefano Collicelli Cagol
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, 6 maggio – 15 ottobre 2023
L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine – Milano, 2023
La Fondazione Mudima inaugura la mostra dal titolo L’eredità dello scambio. Segno, parola, immagine a cura di Giacomo Zaza, che inaugura martedì 9 maggio alle ore 18:00, con opere di Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Tomaso Binga, Ugo Carrega, Luciano Caruso, Giuseppe Chiari, Betty Danon, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Magdalo Mussio, Luciano Ori, Stephanie Oursler, Lamberto Pignotti, Berty Skuber. Il titolo della mostra fa riferimento agli scambi perpetui che dagli anni Cinquanta in poi hanno caratterizzato una certa produzione artistica che afferisce al linguaggio, alla poesia, alla letteratura, e che ha generato degli spostamenti tra l’immagine, il segno e la parola, creando spazi e tempi dalla valenza polisemantica. In questo senso, puntuale è un assunto relativo al linguaggio pensato e scritto da Cesare Brandi: “Testo letterario e testo figurativo si pongono naturalmente come due formazioni parallele, indipendentemente dal fatto che insistano o no su uno stesso genotipo o per dirlo in modo meno formale ma più corrente, sullo stesso contenuto”. Ed è proprio da qui che parte la riflessione sull’idea di opera d’arte come “linguaggio oggetto” che si sviluppa nella produzione di un gruppo di artisti e poeti attivi da diverse decadi, che fanno del linguaggio elemento chiave del loro operato, sia dal punto di vista del significante che da quello del significato. Quello entro cui lavora ognuno degli artisti in mostra è un ambito di confine, in cui la parola assume un ruolo centrale. La PAROLA non ha solo un valore etico, legato al significato e al messaggio che esso trasferisce, ma ha anche un valore estetico legato all’aspetto, alla sua forma, al contesto entro il quale si colloca. Essa si dispiega sulla superficie come graphè e phonè, linguaggio e voce, dichiarando la natura ibrida e “meta – orfica” del segno. A volte entra in simbiosi con un’immagine “iconica” (tratta dai media) per produrre nuovi rapporti e discorsi. Un processo di intersezione dai risvolti decisamente performativi. L’idea della mostra insiste su opere che possono essere valutate sul piano dell’espressione e sul piano del contenuto. Gli artisti e le artiste presenti sono spesso anche poeti e poetesse e in questo senso i confini linguistici scompaiono o quantomeno si assottigliano ulteriormente in favore di nuovi territori. La parola rimane tale o diventa segno, ma continua a farsi portatrice di significati e di visioni (immagini che a loro volta sono altresì contenuto e forma).
La mostra Materializzazione del linguaggio, curata dall’artista e poetessa Mirella Bentivoglio, fu inaugurata il 20 settembre 1978 presso i Magazzini del Sale, nell’ambito della XXXVIII Biennale di Venezia. Nella sua molteplicità di immagini e parole, di pratiche individuali e collettive, essa comprendeva le ricerche verbo-visuali di 90 artiste e poetesse internazionali che, raccontando il “rapporto fra la donna e il linguaggio”, materializzavano un linguaggio inteso come modalità di comunicazione non condizionata, incorporando un’espressione identitaria trasgressiva, al contempo poetica e critica, di radicale rifiuto del linguaggio patriarcale.
Ri-Materializzazione del Linguaggio. 1978-2022
Ri-Materializzazione del Linguaggio. 1978-2022 – in cui è presentata un’ampia selezione delle opere originariamente esposte, insieme ad altre coeve e a materiali di documentazione – si propone come il primo tentativo di ricostruzione filologica di una mostra divenuta nel frattempo un punto di riferimento per le ricerche artistiche femminili e femministe, ma anche come la riattivazione contemporanea delle sue istanze storiche. Ispirato alle opere stesse, l’allestimento parte dalla matrice dell’alfabeto quale grado zero del linguaggio, e dal rapporto opera/documento, mostra/libro, muro/vetrina, invitandoci a continuare a reinventare il linguaggio che ci è stato imposto, così da poterci riappropriare del modo più autentico e personale in cui desideriamo esprimerci e comunicare.
La mostra è presentata in occasione del centenario della nascita di Mirella Bentivoglio (Klagenfurt am Wörthersee, 1922 – Roma, 2017).
Lucia Marcucci – Aa, Bb, Cc (1977)
Artiste in mostra: Annalisa Alloatti; Mirella Bentivoglio; Cathy Berberian; Tomaso Binga; Irma Blank; Monica Bonvicini; BRACHA (Bracha L. Ettinger); Blanca Calparsoro; Françoise Canal; Paula Claire; Rochella Cooper; Betty Danon; Sonia Delaunay; Agnes Denes; Chiara Diamantini; Neide Dias de Sá; Lia Drei; Anna Esposito; Amelia Etlinger; Sylvie Fauconnier; Maria Ferrero Gussago; Mona Fillières; Gisela Frankenberg; Luisa Gardini; Ilse Garnier; Rimma Gerlovina; Natalia Goncharova; Pat Grimshaw; Bohumila Grögerová; Shasha Guiga; Elisabetta Gut; Micheline Hachette; Ana Hatherly; Annelies Klophaus; Janina Kraupe; Christina Kubisch; Ketty La Rocca; Katalin Ladik; Maria Lai; Liliana Landi; Sveva Lanza; Paola Levi Montalcini; Laura Marcheschi; Lucia Marcucci; Benedetta Marinetti; Silvia Mejía; Gisella Meo; Aurèlia Muñoz; Giulia Niccolai; Anna Oberto; Anésia Pacheco Chaves; Anna Paci; Anna Paparatti; Jacqueline Phanelleux; Jennifer Pike; Marguerite Pinney; Betty Radin; Regina; Olga Rozanova; Giovanna Sandri; Anne Sauser-Hall; Evelina Schatz; Mira Schendel; Greta Schödl; Eleanor Schott; Berty Skuber; Mary Ellen Solt; Marlise Staehelin; Varvara Fyodorovna Stepanova; Wendy Stone; Chima Sunada; Jacqueline Tarkieltaub; Salette Tavares; Biljana Tomić; Jean Trevor; Nora Turato; Janie Van Den Driessche; Carla Vasio; Tatiana Vladimirova Vechorka; Patrizia Vicinelli; Florence Villers; Simona Weller; Francine Widmer; e alcune pratiche artistiche e di ricerca anonime.
A cura di Cristiana Perrella, Andrea Viliani, Vittoria Pavesi.
Fondazione Antonio Dalle Nogare, Bolzano, 02.10.2022 – 03.06.2023
Il CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia rende omaggio alla storica galleria Il Gabbiano che, in cinquant’anni di ricerca artistica e con oltre 500 mostre, ha portato in città le eccellenze dell’arte contemporanea italiana e internazionale, con approfondimenti dedicati alla Poesia visiva, a Fluxus, all’Arte concettuale, alla Body Art e alle esperienze legate alla musica e al suono.
L’esposizione “Attraverso l’arte. La galleria Il Gabbiano 1968-2018“, in programma dal 27 maggio al 25 settembre 2022 al secondo piano del Museo e nella project room, è curata da Mario Commone in dialogo con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte e Marta Manini, ideatrice del progetto grafico e di allestimento; la direzione del progetto è affidata ad Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati, conservatrici del Centro.
Il Gabbiano ha avuto il merito di porre al centro del suo percorso la figura dell’artista, attenzione posta fin dagli esordi probabilmente perché la galleria, attiva dal 1968 al 2018, è stata sempre condotta da soli artisti, spinti dalla necessità di avere tra di loro e con il pubblico uno spazio di dialogo e di confronto. Ci sono comunque state nel corso degli anni fruttuose collaborazioni con critici e storici dell’arte, nonché galleristi, che hanno contribuito a ramificare sempre più la rete di contatti e conoscenze che ha reso la galleria nota a livello nazionale e con numerosi contatti anche all’estero.
La galleria Il Gabbiano nasce alla Spezia nel 1968 per volontà di una dozzina di artisti. Un’esigenza probabilmente scaturita dalla mancanza in città di situazioni analoghe ed essendo venuto meno da pochi anni anche il Premio del Golfo, rassegna periodica di pittura di rilevanza nazionale.
Gli interessi del Gabbiano – nel frattempo gli artisti che compongono il circolo si riducono a quattro (Fernando Andolcetti, Cosimo Cimino, Mauro Manfredi e Clara Milani) – si orientano poi verso le ricerche d’avanguardia che si affiancano al concettuale, quali la Poesia visiva e Fluxus, in particolare grazie ai rapporti con artisti importanti come, ad esempio, Mirella Bentivoglio, che ha contribuito a mettere in relazione tutta una serie di altri artisti che lavoravano secondo un linguaggio legato sia alla parola che all’immagine fotografica, quindi alla loro connessione. Altro artista e teorico importante che ha stretto una ininterrotta collaborazione fino agli ultimi anni è Lamberto Pignotti, tra i padri della Poesia visiva, con lui Lucia Marcucci, Eugenio Miccini e Giuseppe Chiari, tutti protagonisti di collaborazioni e mostre personali alla galleria Il Gabbiano.
Lucia Marcucci – Logopatia (2006)
Negli anni quindi Il Gabbiano ha visto passare opere di numerosissimi artisti, oltre a quelli già citati, ad esempio, la spezzina Ketty La Rocca – contribuendo a far conoscere il suo importante lavoro -, Mimmo Rotella, Ugo Nespolo, Richard Smith, Ben Vautier, Philip Corner, Takako Saito, Jiri Kolář, Emilio Isgrò, Ben Patterson, Sarenco, Rodolfo Vitone, Maria Lai, Gillo Dorfles, Nanni Balestrini, Pietro Grossi.
Un capitolo a parte merita il sodalizio con il pittore Edo Murtić, che a partire dal 1970 ha realizzato numerose mostre personali, lavorando praticamente in esclusiva e producendo litografie inedite per Il Gabbiano.
Il progetto espositivo ripercorre la cinquantennale vicenda della galleria attraverso una silloge di oltre centocinquanta opere. Nella project room è inoltre proposta un’installazione corale, che riprende le dinamiche espositive della galleria, caratterizzate sovente da mostre collettive e tematiche, per le quali i partecipanti, in formazione variabile, erano chiamati a inviare un’opera secondo le indicazioni richieste, creando delle vere e proprie collane che avevano anche uno sviluppo editoriale. Per l’occasione, cinquanta artiste e artisti, che nel corso degli anni hanno esposto al Gabbiano, sono stati invitati a dare un contributo-omaggio alla mostra sotto forma di bandiera. La bandiera diventa così simbolo di libertà e leggerezza, elementi che hanno sempre contraddistinto l’identità del Gabbiano.
A cura di Mario Commone In collaborazione con Mara Borzone, Francesca Cattoi, Cosimo Cimino, Lara Conte, Marta Manini Direzione del progetto: Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati
Libertà sulla parola: conosciuta anche come “Parole”, nel diritto di molti paesi, può essere concessa al detenuto dopo un periodo di carcere, a fronte del suo comportamento esemplare. La libertà sulla parola è atto di fiducia e rigida regolamentazione, permesso aleatorio (verba volant), oppure, attraverso uno spostamento di senso, campo di apertura alle infinite possibilità della parola.
Osart Gallery è lieta di presentare una selezione di opere, datate a partire dagli anni Sessanta, legate all’uso della parola in alcuni degli ambiti di ricerca più fertili delle Seconde Avanguardie: poesia visiva, arte concettuale e Fluxus.
La commistione tra scrittura e arti visive, oltre al riuso di supporti che acquisiscono significati autonomi, trova fertile interpretazione in una molteplicità di gruppi artistici, confermando quanto segnalava Mirella Bentivoglio: “molti artisti, accanto ai nuovi poeti, hanno cercato di abbattere a colpi di materia la turris eburnea della letterarietà, coinvolgendo nel concetto stesso di linguaggio la semiologia dei materiali”.
Sono rappresentate in mostra parte delle ricerche Fluxus, in cui la relazione tra media diversi e le operazioni a cavallo tra parole e immagini sono costitutive. Tra gli artisti del gruppo, sono esposti Roberti Filliou, Ken Friedman, Nam June Paik, e Giuseppe Chiari.
Tra gli artisti legati all’arte concettuale internazionale che hanno indagato la relazione tra linguaggio e immagine coinvolgendo media diversi, si trovano Peter Hutchinson, Vincenzo Agnetti, Maurizio Nannucci, Salvo, Emilio Prini, Claudio Parmiggiani, Gianfranco Baruchello, Antonio Dias, Jiri Valoch.
Le sperimentazioni verbovisuali, che si sono sviluppate in una moltitudine di tendenze e gruppi, sono qui ricordate tramite la presenza di alcuni esponenti del fiorentino Gruppo 70: Lucia Marcucci e Ketty La Rocca (in cui si rintraccia la commistione di parola e rappresentazione del corpo), Lamberto Pignotti, Sarenco e Michele Perfetti. Tali sperimentazioni sono testimoniate poi dalla scrittura come registrazione onirica in Magdalo Mussio, e dall’operazione di sottrazione tramite cancellatura di Isgrò. La polimatericità degli approcci verbovisuali è propria delle ricerche di Mirella Bentivoglio, Maria Lai, Amelia Etilinger, Franca Sonnino e Anna Veruda, mentre vanno nella direzione della forte attenzione alla scrittura come gesto e segno Irma Blank, Betty Danon Chima Sunada e Marilla Battilana.
Ogni raggruppamento risulta fallace e gli artisti rappresentati si situano tra gli insiemi, nello spazio ibrido fra parola e immagine; le loro ricerche vanno nelle infinite direzioni di una assoluta Libertà sulla parola.
Una selezione di artiste “che hanno esposto nelle numerose mostre curate da Loda, in spazi pubblici e privati o nella sua galleria, e che con lei hanno condiviso progetti artistici e spesso esperienze di vita. Ma che soprattutto, come lei, hanno avvertito l’urgenza di impegnarsi fino in fondo nel mondo dell’arte, in un momento storico in cui in Italia essere donna e artista, come confida Ketty La Rocca a Lucy Lippard nel 1975, era ancora «di una difficoltà incredibile»”.
Le gallerie bresciane Galleria dell’Incisione e APALAZZOGALLERY rendono omaggio con due mostre parallele a Romana Loda, coraggiosa gallerista scomparsa nel 2010, che dagli anni Settanta ha svolto a Brescia un ruolo fondamentale nella valorizzazione dell’arte femminile.
“Le sue scelte curatoriali — scrive in catalogo Raffaella Perna — hanno contribuito a denunciare l’assenza delle donne nel contesto dell’arte italiana, e a porre in evidenza come tale emarginazione non fosse un dato naturale e immutabile, ma, viceversa, fosse legata a precise condizioni storiche, sociali e culturali”.
Prendendo spunto da “Coazione a mostrare”, prima mostra di sole donne organizzata da Romana Loda nel 1974, la Galleria presenta una scelta di lavori storici di:
Una selezione di artiste “che hanno esposto nelle numerose mostre curate da Loda, in spazi pubblici e privati o nella sua galleria, e che con lei hanno condiviso progetti artistici e spesso esperienze di vita. Ma che soprattutto, come lei, hanno avvertito l’urgenza di impegnarsi fino in fondo nel mondo dell’arte, in un momento storico in cui in Italia essere donna e artista, come confida Ketty La Rocca a Lucy Lippard nel 1975, era ancora «di una difficoltà incredibile»”.
Le mostre sono accompagnate da un catalogo con testo di Raffaella Perna.
La Fondazione Berardelli apre al pubblico la mostra collettiva La poesia visiva come arte plurisensoriale nell’ambito della ricerca sulle Pratiche sinestetiche, progetto a puntate ideato dal maestro Lamberto Pignotti e curato da Margot Modonesi.
Il lavoro vuole indagare i nessi multisensoriali, le contaminazioni e l’ibridismo che si manifestano nelle opere di poesia visiva attraverso una serie di esposizioni e una collana di cataloghi che facciano luce apertis verbis su questi fenomeni.
La Fondazione Berardelli custodisce un’ampia collezione di opere di poesia visiva — esposte e pubblicate a partire dal 2007 — e con quest’ultima iniziativa intende espressamente svelare alcuni caratteri peculiari e latenti delle opere apparse sui volumi passati. Uno sguardo alternativo rivolto ad una parte di esperienze artistiche, relativamente recenti, ri-considerandole e ri-attraversandole dal punto di vista della sinestesia.
L’esposizione prevede la presenza di opere degli artisti: Fernando Aguiar, Mirella Bentivoglio, Julien Blaine, Jean-François Bory, Joan Brossa, Ugo Carrega, Giuseppe Chiari, Hans Clavin, Herman Damen, Luc Fierens, Giovanni Fontana, Claudio Francia, Ilse Garnier, Pierre Garnier, Arrigo Lora Totino, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Michele Perfetti, Lamberto Pignotti, Sarenco, Karel Trinkewitz, Ben Vautier, Franco Verdi.
Il catalogo, così come l’esposizione, saranno allestiti secondo i legami più evidenti fruibili in una serie di opere incasellandone le relazioni in spazi e capitoli: una scelta organizzativa non in linea con il significato dell’indagine — considerando che la ricerca illumina le contaminazioni sensoriali —, ma che viene adottata per palesare al pubblico la suddetta multi-sensorialità in modo trasparente e intuitivo.
Il progetto, concepito con Lamberto Pignotti, darà vita ad una serie di mostre che, dopo la prima inaugurale che riunirà tutti i sensi, nello specifico analizzino le interrelazioni esistenti tra: vista e udito, vista e olfatto, vista e gusto e infine vista e tatto. Il lavoro espositivo e scritturale — a puntate — vuole fornire strumenti altri per l’analisi di questioni che sono sì appartenenti al mondo dell’arte e della letteratura, ma che si estendono anche al più ampio universo della semiotica, delle comunicazioni e delle neuroscienze.
Dal 5 maggio al 6 giugno 2017, presso la galleria della Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, sarà allestita la mostra “Lotta Poetica. Il messaggio politico nella poesia visiva (1965 – 1978)”, curata da Benedetta Carpi De Resmini in collaborazione con Michele Brescia. Oltre quaranta le opere presenti, realizzate da artisti come Nanni Balestrini, Mirella Bentivoglio, Anna Boschi, Luciano Caruso, Vittorio Del Piano, Grossi Maglioni, Ketty La Rocca, Arrigo Lora Totino, Lucia Marcucci, Stelio Maria Martini, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Michele Perfetti, Lamberto Pignotti, Pierre Restany, Sarenco, Adriano Spatola, e tanti altri che animarono quel periodo storico. Collage, disegni, documenti, riviste, manifesti e libri d’artista raccontano l’immagine di un’arte militante, creando punti di vista inediti da cui osservare la compenetrazione tra immagine, segno verbale e segno grafico. In mostra opere provenienti dalla Fondazione Berardelli come l’opera icona Avanti popolo (1972) di Sarenco e una serie di lavori del Gruppo 70 e Gruppo ’63, come I nemici (1969) di Nanni Balestrini, o il celebre film Volerà nel 70, realizzato dal Gruppo 70.
5 maggio 2017 | 6 giugno 2017 Fondazione dei Monti Uniti di Foggia – Foggia