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LUCIA MARCUCCI

LUCIA MARCUCCI

Archivi tag: Poesia Visiva

IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 34

09 giovedì Set 2021

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

C’è un buco nero nel microcosmo cerebrale che impegna gli scienziati da oltre cinque secoli a cominciare dagli alchimisti e poi, via via, ai super studiosi di oggi, ma ancora non sono arrivati a definirlo; qualcuno ipotizza un rapporto strettissimo con l’universo dove i buchi neri sono individuati come l’implosione di una stella e/o di una galassia. Sarà ma il mio buco nero mi impressiona assai anche se è infinitamente microscopico; forse è la milionesima parte di un nucleo di atomo. Mi impressiona perché nel mio cervello è riprodotto l’universo, le particelle di materia sono fra loro distanti come fra stella e stella, perciò è comprensivo di vari buchi neri. Le galassie mi vanno da un orecchio all’altro, dal naso alla nuca, dalla bocca alla fronte; il tempo, misurato in rapporto al macrocosmo, sarà anch’esso di zero-dieci milionesimi di nani secondi! Che schifo meraviglioso! Non solo il cervello ma tutta la materia di cui siamo composti è così: atomi, nuclei, particelle, neutroni, protoni, ecc. distanze intergalattiche e dio che spazia anche lì. Può darsi che ci siano anche gli arcobaleni e gli sciamani che tentano di andarci sopra con la loro mitica scala.

© Riproduzione riservata

Cometa

02 giovedì Set 2021

Posted by Lucia Marcucci in Opere

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Visual Poetry

Cometa (2007) | collage e acrilici su tela | cm 120×70

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© Riproduzione riservata

Letteratura e pubblico – Dibattito del II Convegno di Abbazia

26 giovedì Ago 2021

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, la battana, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

È forse un caso che in molti paesi ci si ponga contemporaneamente il problema di cambiare i veicoli tradizionali della poesia? Sugli ultimi sviluppi della situazione si organizzano dibattiti e mostre, convegni e tavole rotonde. Nel corso di uno di questi incontri si è chiesto se il fine di queste operazioni di avanguardia fosse per caso il museo: è stato ribattuto che questo non è un problema, o meglio, non è il “vero problema”.

Infatti c’è una viva agitazione in giro, che non fa certamente pensare a quel tipo di collocazione. Anzi l’impostazione del problema si pone proprio all’opposto e cioè la possibile funzionalità dell’arte nell’attuale contesto. E’ ovvio che l’istituzione del museo ne ha deviato, isolando, da più di un secolo, la sua naturale e reale funzione, favorendone semmai la riproducibilità e il consumo a livelli di élite e spostandone il linguaggio referenziale.

Siamo ora di fronte a una vera e propria crisi del sistema che va superata attraverso concrete riforme del settore.

Una delle difficoltà della situazione presente è costituita dalla peculiarità di talune affermazioni e di talune sperimentazioni che possono deviare l’attenzione e spostare il problema verso soluzioni e ricerche convenzionali di analisi linguistica.

Tra gli interessi che alcune avanguardie dimostrano di affrontare sincronicamente, per una non rigida compartimentazione delle discipline estetiche e del linguaggio, mi pare che possa essere considerato più vicino alle attuali esigenze di consumo e di comunicazione il fenomeno della poesia tecnologica.

La Battana, numero 9-10 (1966)

E’ un’operazione di trapianto e come ben sappiamo tali operazioni sono fra le più delicate. Infatti il grande ostacolo in genere è costituito dalla reazione che l’istituzione mette in atto per respingere ogni materia alloctona. Dunque non resterebbe altro che aspettare la naturale assimilazione? Ma c’è una alternativa: rafforzare i piani di rilancio e di potenziamento; da un lato la qualificazione dell’offerta, ossia la capacità di comunicazione attraverso un impegno più vivo e coordinato di tutti gli operatori di poesia, dall’altro il rafforzamento della capacità di competizione sul piano nazionale internazionale mediante azioni propagandistiche.

E anche: visto e considerato che l’arte è sottoposta come ogni altra cosa alle variazioni del mercato e di conseguenza i linguaggi, essendo composti da una pluralità di segni, variano a seconda del plusvalore da essi acquistato in relazione a un certo numero di interpreti, si può considerare che il veicolo capace di assumerne l’esemplificazione deve per forza passare attraverso le forme più significative della civiltà attuale, cioè deve fare i conti con i progressi tecnologici e con tutti i canali della comunicazione di massa.

Saltate le categorie logiche e etiche convenzionali che riflettono la fiducia nell’oggettivo esistere del mondo, della sua conoscibilità, nel sicuro esigere un ordinamento morale e sociale, l’ultimo atto di affermazione possibile non è che un sistema di linguaggio poetico, dove si realizzi senza residui l’esperimento e giunga a capovolgersi, quindi a esemplificarsi, il senso generale, paradossale del vivere umano.

Ora una particolarità di queste operazioni sta nella minuziosità dell’osservazione, da parte del poeta, delle vicende tecniche, da trattato specializzato, che non può essere tacciata di “deviazione professionale” ma semplicemente di accorgimento agli eventi.

E’ prevedibile infatti che l’esponibilità di un’opera d’arte venga sempre più ridotta se non continuamente aggiornata alle possibilità tecnologiche in divenire. E, se l’arte è scandalo, non è da poco scandalizzare oggi il fruitore!

Se la libertà dell’uomo è nel possesso dei mezzi produttivi, la libertà del poeta è nel possesso degli stessi mezzi relazionati.

Il contrasto tra le scienze è diventato l’argomento di fondo della nostra cultura, ma è forse un contrasto tra la conservazione e il progresso?

Un modo soggettivo di vedere le cose e la trascuratezza per la scienza e la tecnologia: è il paraocchi di molti di noi.

Lucia Marcucci

La Battana, numero 9-10 – Fiume, ottobre 1966

© Riproduzione riservata

Figura mentis

20 venerdì Ago 2021

Posted by Lucia Marcucci in Opere

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Visual Poetry

Figura mentis (1984) | matite su tela | cm 100×100

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© Riproduzione riservata

SHE-BAM POW POP WIZZ! THE AMAZONS OF POP. FOCUS ON LUCIA MARCUCCI

13 venerdì Ago 2021

Posted by Lucia Marcucci in Eventi

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, MAMAC, Poesia Visiva, Pop Art, Raffaella Perna, Visual Poetry

Interview of Raffaella Perna (curator and art historian) on Lucia Marcucci work. August 11, 2021.

• What does Pop Art mean to Lucia Marcucci? Has she ever considered herself a pop artist? If so, why? Has she ever felt like a member of a group or community involved in Pop Art? Why or why not?

Among the artists involved in the experience of Group 70 – an Italian visual poetry movement formed in 1963 in Florence – Pop Art was considered to be a trend insufficiently critical of consumer culture and capitalist system.
The works of Andy Warhol or Roy Lichtenstein were seen more as an acknowledgement of the new visual imagery and consumer culture rather than a critique.
The visual references that Pop artists and artists of the Group 70 look to were similar, belonging to the universe of mass culture produced by the economic boom. Lucy Lippard in her now historical book on Pop Art (1966) immediately noticed this affinity.
But the use of images from advertising, comics and magazines in Marcucci’s and her fellow artists’ works had a more explicit political purpose. In fact, Italian artists spoke of “semiological guerrilla warfare”, using a keyword coinvented by the group.
For this reason, Lucia Marcucci’s work, although formally close to Pop Art experiences, presents more ironic, combative tones and highlights an antagonistic spirit, which is more critical and political. The artist never felt an integral part of Pop Art, which she actually regarded with a certain suspicion.

• What were the sources of her imagery or her pictorial subjects?

The main sources of Lucia Marcucci’s art belong to the mass culture visual sphere: images and slogans of magazines, newspapers, photostories, advertising and cinema. Among other things, she has made a number of artist’s films, including Volerà nel 70 – now very well-known in Italian experimental cinema – using the practice of found footage, which could be considered the filmic equivalent of her images collage. From the 1970s onwards, the use of the body became more evident: for example, in the Impronte series made in the 1970s, Marcucci recalls images of prehistoric Venuses, thus reconnecting with the iconography of the Great Mother.

• Has she ever dealt in your work with major issues and events relating to the period 1961-1973? If so, which ones?

Yes, in her collages Marcucci tackled issues that were central to the politics of the time: there are constant references to imperialism, the Vietnam War, anti-militarism or social issues such as abortion and divorce. Women’s condition is of crucial importance: the artist contested beauty stereotypes to which women’s bodies were forced. In her photographic work “La ragazza squillo”, the artist plays ironically on the double meaning of the word ragazza squillo, which in Italy means prostitute. In “Come ama come lavora” the artist already felt the weight of the stereotype stating that a woman had to be efficient in the public and productive sphere and at the same time devoted to domestic care duties.

• Did the role given to women in the society of that time have an impact on her artistic production and your being an artist?

Yes, Marcucci always spoke explicitly about the difficulty for a woman to make her way in the Italian art world of the 1960s.

• Has she ever received support from galleries, critics, or collectors?

Lucia Marcucci’s work was appreciated from an art critical point of view – I am thinking, for example, of the early support of critics such as Renato Barilli and Gillo Dorfles – but the system of galleries and collectors were not very open to the radical and politically committed experimentation of visual poetry.

• Did she make a living by selling her art or did she do other work (teaching, commissions or other) to supplement her salary?

Lucia Marcucci worked as a teacher.

• As a woman artist, did she ever feel limited in any way at that time as regards the possibilities of being noticed or exhibiting your work?

Marcucci, as I said, has often recalled the difficulty for a woman to establish herself in the art system, but at the same time, she has always felt equal to her male colleagues and has always been reluctant to participate in women-only exhibitions. She only did so in certain circumstances, I am thinking, for example, of some exhibitions curated by Romana Loda or the exhibition Materializzazione del linguaggio curated by Mirella Bentivoglio – another Italian artist linked to visual poetry – as part of the 1978 Venice Biennale. But Marcucci was suspicious of these exhibitions because she considered them to be a sort of ghetto. In her opinion, these kinds of exhibitions did not undermine the subordination of women, but rather, in a way, reaffirmed it. For Marcucci, women had to play on an equal footing with men, even though she was well aware of the enormous difficulties women faced in their daily lives and at work.

• What does she think of that situation today and how does she perceive the renewed interest of the public and critics in your work from that period?

Lucia Marcucci looks forward to this phase of well-deserved critical recognition. She is an artist who has struggled all her life, always maintaining great consistency in her work, and it is an important sign that she is now recognised by national and international critics and historiography. I believe that a crucial role in this process has been played by both the growing interest in female artists, not only in the Anglo-Saxon area, and the recent critical reinterpretation that extends the boundaries of Pop Art to different, non-hegemonic, and more politically committed experiences, such as Visual Poetry.

Focus on Isabel Oliver

Lucia Marcucci – Whop! (1970) © Riproduzione riservata

Intervista a Raffaella Perna (curatrice e storica dell’arte) sul lavoro di Lucia Marcucci. 11 agosto 2021.

  • Cosa significa per Lei l’arte Pop? Si è mai considerata un’artista pop? Se sì, perché? Si è mai sentita membro di un gruppo o di una comunità coinvolta nella Pop Art? Perché o perché no?

Dagli artisti e le artiste coinvolti nell’esperienza del Gruppo 70 – movimento italiano di poesia visiva formatosi nel 1963 a Firenze – l’Arte Pop era considerata una tendenza non sufficientemente critica nei confronti della cultura del consumo e del sistema capitalista. Le opere di Andy Warhol o Roy Lichtenstein venivano viste più come una presa d’atto del nuovo immaginario visivo e della nuova cultura consumista, che non come una critica. I riferimenti visivi a cui guardano gli artisti Pop e gli artisti del Gruppo 70 sono simili, appartengono all’universo della cultura di massa prodotta dal boom economico. Lucy Lippard nell’ormai storico libro sulla Pop Art (1966) si accorge subito di questa affinità. Ma il recupero di immagini tratte dalla pubblicità, dal fumetto, dai rotocalchi nelle opere di Marcucci e dei suoi compagni di strada ha finalità più esplicite sul piano politico. Gli artisti italiani parlavano infatti di «guerriglia semiologica», usando le parole chiave coniate dal gruppo. Per tale ragione il lavoro di Lucia Marcucci, benché formalmente vicino alle esperienze Pop, presenta toni più ironici, battaglieri ed evidenzia uno spirito antagonista, più connotato sul piano critico e politico. L’artista non si sentiva dunque parte integrante dell’arte Pop, a cui, anzi, guardava con un certo sospetto.

  • Quali furono le fonti del suo immaginario o dei suoi soggetti pittorici?

Le fonti principali dell’arte di Lucia Marcucci appartengono all’ambito visivo della cultura di massa: le immagini e gli slogan dei rotocalchi, dei quotidiani, dei fotoromanzi, della pubblicità, del cinema. L’artista tra l’altro realizza alcuni film d’artista, tra cui Volerà nel 70 – oggi molto noti nel cinema sperimentale italiano – usando la pratica del found footage, che si può considerare l’equivalente filmico del montaggio di immagini presente nei suoi collage. Dagli anni Settanta si fa più evidente l’uso del corpo: ad esempio nella serie delle Impronte realizzate negli anni Settanta Marcucci richiama le immagini delle Veneri preistoriche, ricollegandosi così all’iconografia della Grande Madre.

  • Ha mai trattato nel suo lavoro le maggiori problematiche ed eventi relativi al periodo 1961-1973? Se sì, quali?

Sì, Marcucci nei suoi collage ha affrontato temi al centro della politica dell’epoca: nei suoi collage ci sono riferimenti continui agli imperialismi, alla guerra in Vietnam, all’antimilitarismo o a tematiche sociali quali l’aborto e il divorzio. La condizione della donna ha un peso cruciale: l’artista contestava gli stereotipi di bellezza e perfezione a cui il corpo delle donne era costretto. Nell’opera fotografica «La ragazza squillo», l’artista gioca, con ironia, sul doppio senso della parola ragazza squillo, che in Italia significa prostituta. In «Come ama come lavora» l’artista avvertiva già il peso dello stereotipo secondo cui una donna doveva essere efficiente nella sfera pubblica e produttiva e nel contempo dedita alle mansioni di cura domestica.

  • Il ruolo conferito alle donne nella società di quel tempo ha avuto un impatto sulla sua produzione artistica e nel suo essere artista?

Sì, Marcucci ha sempre parlato esplicitamente della difficoltà per una donna di farsi strada nel mondo dell’arte italiano degli anni Sessanta.

  • Ha mai ricevuto supporto da gallerie, critici o collezionisti?

Il lavoro di Lucia Marcucci è stato apprezzato dal punto di vista della critica d’arte, penso ad esempio al precoce sostegno di critici come Renato Barilli e Gillo Dorfles, ma il sistema delle gallerie e del collezionismo erano poco aperti alle sperimentazioni radicali e politicamente impegnate della poesia visiva.

  • Riusciva a vivere tramite la vendita della sua arte oppure svolgeva nel frattempo altro lavoro (insegnamento, commissioni o altro) per arrotondare lo stipendio?

Lucia Marcucci svolgeva il lavoro di insegnante.

  • Quale donna artista, si è mai sentita in quel periodo in qualche modo limitata per quanto riguarda le possibilità di essere notata o di esporre le sue opere?

Marcucci, come dicevo, ha più volte ricordato la difficoltà per una donna di affermarsi nel sistema dell’arte, ma nel contempo si è sempre sentita alla pari rispetto ai suoi colleghi uomini ed è sempre stata restia a partecipare alle mostre di sole donne. Lo ha fatto solo in determinate circostanze, penso ad esempio ad alcune mostre curate da Romana Loda o alla mostra Materializzazione del linguaggio curata da Mirella Bentivoglio – altra artista italiana legata alla poesia visiva – nell’ambito della Biennale di Venezia del 1978. Ma Marcucci era diffidente nei confronti di queste rassegne, perché le riteneva una sorta di ghetto. Secondo lei questo genere di mostre non scalfiva la condizione di subalternità della donna, anzi, in un certo senso, la riaffermava. Per Marcucci le donne dovevano giocare alla pari con gli uomini, nonostante fosse ben consapevole delle enormi difficoltà incontrate dalle donne nella vita quotidiana e nel lavoro.

  • Cosa ne pensa oggigiorno di quella situazione e come percepisce il rinnovato interesse di pubblico e critica per il suo lavoro di quel periodo?

Lucia Marcucci guarda di buon occhio a questa fase di meritato riconoscimento critico. E’ un’artista che ha lottato tutta la vita, mantenendo sempre una grande coerenza nel suo lavoro, ed è un segno importante che oggi venga riconosciuta dalla critica e dalla storiografia nazionale e internazionale. Credo che in questo processo abbiano giocato un ruolo cruciale sia il crescente interesse nei confronti delle artiste donne di area non solo anglosassone, sia la recente rilettura critica che allarga i confini della Pop anche ad esperienze diverse, non egemoni e più politicamente impegnate, come, appunto, la Poesia visiva.

Focus di Isabel Oliver

© Riproduzione riservata

Testa #4

13 venerdì Ago 2021

Posted by Lucia Marcucci in Opere

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scultura, Visual Poetry

Testa #4 (1954/1966) | gesso e tempera | cm 28

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IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 33

10 martedì Ago 2021

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Il tempo scorre inesorabile, i detriti della materia in disfacimento si accumulano ai margini per poi sprofondare piano, pressati dal loro stesso peso. Il Borgo presto sparirà e le sue macerie saranno ricoperte dalla vegetazione: il ciclo della sua vita è finito, la terra se lo riprenderà teneramente. Anni addietro fu pieno di vita e di avvenimenti: pochissimi abitanti ma agguerriti e pieni di temperamento si combattevano fra loro con inventiva e qualcuno anche con spiccato senso dell’umorismo. Erano di provenienza eterogenea: inglesi, australiani, svizzeri, americani, italiani di varie città, dieci locali e gatti, cani, gallinacei, maiali, i conigli venivano acquistati nei dintorni… Avevano un’associazione “Amici di C. di F.“ che era il focolaio di tutte le battaglie.
Anche i pochi che ne erano fuori, altrettanto pugnaci, avevano il loro bel d’affare nel tenere le fila degli spargimenti di materiale cartaceo giudiziario. L’attenzione, sempre vigile, risultava di un interesse unico, capace di divertire il pubblico abituato a una grande città e più smaliziato: in quel luogo super felice gli accadimenti erano talmente concentrati, stupefacenti e umanamente meschini da deliziare i palati più raffinati. L’infanzia si protraeva fino all’età di mezzo e oltre; padri, madri e nonni la facevano perennemente da patriarchi, giungendo spesso ai cent’anni. Alcuni figli più implumi degli altri si disperavano alle frequenti lacrime delle madri rimaste vedove e a loro volta orfane, il tutto condito da risentimenti alternati con lugubri ritrosità e scoppi d’ira. Si sapeva tutto di tutti, la commedia infinita era spassosa e ricca di colpi di scena. Il quieto vivere bandito: si scendeva in blocco nell’arena della vita… piccola, piccola ma estremamente avvincente.

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Il tramonto infinito

05 giovedì Ago 2021

Posted by Lucia Marcucci in Opere

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Visual Poetry

Il tramonto infinito (1991) | acquerelli su cartoncino | cm 35×25

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IN FIERI (Il volo della Sciamana) – 32

29 giovedì Lug 2021

Posted by Lucia Marcucci in Scrittura

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Arte Contemporanea, Contemporary Art, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Scrittura, Visual Poetry

Nel racconto spesso si cela il rifugio del vagabondare in cretini aforismi e sentenze mascherate da ironia banale. Come ci caschiamo non c’è detto, ci caschiamo, ed è tutto qui. Se non indulgi nella narrativa, gira e rigira non sai come cavartene, è un grosso guaio: difficile uscirne. Il serpente si morde la coda; spesso e volentieri, la contraddizione è perennemente dietro l’angolo (che noia quest’angolo). Quale sotterfugio lo scribacchino può escogitare? Stare senza scrivere: banale! Oppure scrivere e subito cancellare. La narrativa notturna prevale per ore ma svanisce al far del giorno. In poche righe è citato due volte il serpente, l’ironia, il banale, l’angolo: perché mai? La stasi è palude e sabbia mobile, è come affondare piano piano, con tutta la consapevolezza del non ritorno.

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Forse è l’ironia…

23 venerdì Lug 2021

Posted by Lucia Marcucci in Performances

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Antonio Bueno, Arte Contemporanea, Contemporary Art, Eugenio Miccini, Gillo Dorfles, Lamberto Pignotti, Lucia Marcucci, Poesia Visiva, Visual Poetry

Forse è l’ironia – questa impareggiabile virtù – a rendere più significativa e duratura tutta l’opera di Lucia Marcucci; a far sì che le diverse tappe della stessa siano legate da un comune denominatore non soggetto alle mode e alle oscillazioni del gusto.

Antonio Bueno, Lucia Marcucci, Lamberto Pignotti, foto di Eugenio Miccini (1965)

It may be irony – this incomparable virtue – to make all Lucia Marcucci’s works more significant and enduring; to have her different stages linked by a common denominator that does not depend on fashion or changing tastes.

Gillo Dorfles, 1993, Ed. Spaziotempo

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Lucia Marcucci – Poesia Visiva

La mia poetica consiste, attraverso la parola e il segno, nella rielaborazione letteraria e pittorica, ma soprattutto critica, dei mass media (immagini, slogans, linguaggi variamente persuasori e mistificatori del sistema sociale contemporaneo).

My poetics consists, through the word and the sign, in the literary and pictorial, but above all critical, reworking of the mass media (images, slogans, variously persuasive and mystifying languages ​​of the contemporary social system).

Ma poétique consiste, à travers le mot et le signe, dans le remaniement littéraire et pictural, mais surtout critique, des médias de masse (images, slogans, langages diversement persuasifs et mystifiants du système social contemporain).

Meine Poetik besteht mittels Wort und Zeichen aus der literarischen und bildnerischen, vor allem aber kritischen Aufarbeitung der Massenmedien (Bilder, Parolen, unterschiedlich überzeugende und mystifizierende Sprachen des zeitgenössischen Gesellschaftssystems).

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