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Antonio Bueno, Ar/Ge Kunst, Arte Contemporanea, Contemporary Art, Dorothy D. Lee, Eugenio Miccini, Francesca Verga, Frida Carazzato, Giuseppe Chiari, Gruppo '70, Lamberto Pignotti, Lucia Marcucci, Museion, Poesia Visiva, Poesie e no, Visual Poetry, Zasha Colah
È il 1964 e l’artista Lucia Marcucci (Firenze, 1933) crea il lavoro Il fidanzato in fuga, un collage su cartoncino che raffigura tre tute spaziali che si reggono in piedi da sole, come agganciate a dei manichini, senza corpo. Il collage recita: Paradiso extraterrestre della donna, il fidanzato in fuga nello spazio. Una frase ironica e provocatoria che denuncia la condizione della donna contemporanea e porta avanti la sua esigenza di libertà e trasgressione, all’interno di una società ossessionata dai progressi scientifici e tecnologici e a quel tempo in costante ascesa verso la “conquista” dello spazio. L’anno seguente, Lucia Marcucci, come parte del Gruppo ’70, con Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti e Antonio Bueno, affigge manifesti per poi strapparli, come il manifesto L’Offesa, durante le loro poesie-spettacolo Poesie e no (1964-1967). Si tratta di una serie di happening multimediali contenenti poesie e materiali di matrice extra-letteraria. Questi eventi, in particolare Poesie e no 3 (1965), coinvolgevano diversi linguaggi: letture di poesie, rubriche giornalistiche, slogan, estratti di romanzi, proiezione di film sperimentali, e altre azioni effimere e volatili sotto le musiche di Giuseppe Chiari. Il tutto assemblato in un collage cubista di parole e recite, spezzoni, ritagli, scarti e rifiuti, che si allontana da una costruzione lineare dei contenuti.

Aveva scritto sul pensiero non lineare anche Dorothy D. Lee (1905-1975), all’interno del testo “Lineal and Nonlineal Codifications of Reality” (1950), che Marcucci amava citare¹. In questo testo, l’antropologa americana prendeva da esempio l’interruzione del “filo del discorso” per le persone che vivono nelle isole Trobriand, accettata come qualcosa di non disturbante in una cultura caratterizzata dall’assenza di una continuità lineare. Il pensiero occidentale che Marcucci contesta e critica si è invece illuso che la linea sia la strada, che la pianificazione lineare sia il successo, sempre più assetato di un progresso rettilineo. In questa concezione capitalistica non resta spazio per il fallimento, in quanto interruzione di un movimento concepito linearmente. Ma è così importante leggere la realtà attraverso la presenza della linea e arrivare in un punto all’orizzonte in un preciso momento?
Lucia Marcucci sembra porsi gli stessi quesiti di Dorothy D. Lee, immergendo le sue opere in una traccia che non è un collegamento tra due punti ma si muove, fonte di continue influenze e macchie, percorsi autonomi, indietreggiamenti, fallimenti e contestazioni. I suoi collage, così come i lavori di cinepoesia, la tecnica di montaggio non lineare, in particolare Volerà nel ’70 (1965) e Pugni, Pistole e Baci (1966), ricordano a molti i film di Pedro Almodóvar, una composizione non lineare che immerge passato e presente nella narrazione. Sempre Dorothy D. Lee aveva fatto riferimento ai verbi trobriandesi come atemporali². In queste concezioni, storia e realtà sono sempre presenti, dando senso alle azioni attuali. E così gioca Marcucci: tagliando e frugando nel proprio passato e in quello che è a nostra disposizione nei linguaggi della comunicazione di massa, immergendoci in una rilettura critica del presente.
Lucia Marcucci si è distinta per il rovesciamento della parola poetica, che è diventata parte delle lotte femministe negli anni Sessanta. Quello che l’artista definisce come “rispedire il lessico al mittente” significa portare avanti, attraverso l’ironia nel linguaggio, un riscatto critico sugli stereotipi, sul genere e gli assunti che regolavano la rappresentazione del corpo femminile, sulle forme e abitudini imposte dalla società capitalistica. L’artista ha svelato l’insensatezza e il vuoto ideologico che si cela dietro la comunicazione di massa, soprattutto sui temi di attualità. Bleah!!! (1967), opera in vetro dipinto e civetta di giornale, sembrava a quel tempo l’unica risposta plausibile: il dissenso.

Nel 1965 Lamberto Pignotti pubblica l’antologia di poesia visiva nella collana “Il Dissenso” (casa editrice Sampietro di Bologna). Si tratta di quattro volumi contenenti al loro interno frammenti di poesia visiva, da mescolare come un mazzo di carte. Da questo momento il libro si estroflette, esplode nello spazio circostante e fa vivere il verbo al di fuori del suo contenitore. Non c’è più la parola su carta ma, come nell’opera di Lucia Marcucci, si riporta la parola nelle strade, nelle piazze, nelle vie e nei luoghi dove si svolgeva la relazione civica, e con essa i corpi. Ma che ruolo aveva (e ha) il corpo, la sua percezione, il gesto e il linguaggio, all’interno della lotta poetica?
Per il novantesimo compleanno dell’artista, la mostra L’Offesa ad Ar/Ge Kunst (9 giugno – 30 luglio 2023), curata da Francesca Verga e Zasha Colah, ripercorre alcuni lavori dell’artista tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta in prestito dall’Archivio Lucia Marcucci e la Galleria Frittelli Arte Contemporanea. La mostra ridiscute come la parola, la pubblicità, i media e la carta sono state messe in discussione negli anni Sessanta e Settanta attraverso una pratica militante che intensifica la presenza verbale e corporale. È attraverso il corpo e la parola che si riscopre la validità poetica del segno e la sua valenza immaginifica.
Vengono esposti alcuni lavori realizzati a partire dagli anni Sessanta sul versante verbo-visuale della poesia tecnologica, poesia auditiva, della cinepoesia (come le opere: Volerà nel ’70 del 1965 e poesia auditiva del 1970), collage su cartoncino e tecniche di montaggio non-lineari. Insieme a questi, gli acrilici su locandina e i manifesti, come Sigh (1968), Waah! (1968), Boh, eh (1970), costituiscono un punto cardine nel manifestare il dissenso politico e sociale in chiave poetica. Inoltre, si ripercorre il ritorno alla manualità degli anni Settanta, ne sono ad esempio le impronte del corpo dell’artista sulle tele emulsionate. Ma anche i getti, segni e parole sulle sue tavole didattiche realizzate negli anni Novanta riconfermano l’interesse dell’artista nei sezionamenti viscerali del corpo e la connessione tra questo e la parola, che continua a farsi gioco dei contesti scientifici.

La mostra L’Offesa ad Ar/Ge Kunst sviluppa inoltre una riflessione critica sulla contemporaneità mettendo alcune opere di Lucia Marcucci in dialogo con le voci di altre artiste. L’artista Wissal Houbabi porta un lavoro audio visuale e installativo nello spazio del dissenso e delle lotte antirazziali dell’attuale società; Elena Biserna con le score The Resounding Flâneuse e la passeggiata Feminist Steps (9-10 giugno 2023, Bolzano), esplora le esperienze (uditive) della città notturna da una prospettiva di genere; all’interno di Bolzano Danza, la danzatrice Annamaria Ajmone e la musicista Laura Agnusdei presentano Bleah!!! (20-21 luglio 2023, Parco dei Cappuccini, Bolzano) una partitura che mescola gesto e suono lavorando su assemblaggi e ribaltamenti sul piano temporale, spaziale, autoriale.
La mostra ad Ar/Ge Kunst si completa con la mostra Lucia Marcucci. Poesie e no presso Museion, Bozen/Bolzano, curata da Frida Carazzato. Le due personali gravitano intorno all’esperienza che ha dato vita all’happening di Poesie e no. Il collage di segni visivi e linguistici che caratterizza questa serie di performance ha permesso alle due istituzioni di sviluppare due filoni complementari del lavoro di Marcucci: da una parte l’indagine sul linguaggio a partire dalla critica alla società dei consumi che trova spazio a Museion, dall’altra la presenza del verbo e corpo nella militanza, attraverso una lettura attuata anche da voci contemporanee nella mostra ad Ar/Ge Kunst.
In questa pubblicazione Novellas #2, Marcucci ci introduce al pensiero non lineare della poesia visiva, che coinvolge un nuovo linguaggio in grado di riprendere coscienza della realtà sociale e politica nella quale l’artista si trova. Si tratta di un testo scritto nel 1973 che viene riportato assieme a una serie di racconti più recenti, parte del romanzo IN FIERI iniziato da Lucia Marcucci nel 2007; un collage di storie e notizie, un pensiero in corso, interminabile, ultimato un giorno soltanto dai limiti del corpo.
In occasione delle due mostre, il laboratorio di comunicazione visiva (Exhibition Graphic Design: processes of cultural practice) della Facoltà di Design e Arti della Free Università di Bozen-Bolzano (docente e workshop leader Elisa Pasqual, con Gianluca Camillini e Gerhard Gluher), ha sviluppato sette progetti di comunicazione che espandono in chiave contemporanea temi presenti nel lavoro di Lucia Marcucci e del Gruppo ‘70. La mostra del laboratorio inaugurerà il 9 giugno alle 18:00 alla Free Università di Bozen-Bolzano.
A completamento del lavoro di Marcucci, si segnala inoltre la mostra Ri-Materializzazione del Linguaggio presso la Fondazione Antonio dalle Nogare, Bolzano, che ospita delle sue opere. Il giorno 09.06.2023 alle ore 20:00 si svolge inoltre un talk dell’artista Nora Turato a conclusione di questa mostra.
[Testo di Francesca Verga]
A cura di Francesca Verga e Zasha Colah
Ar/Ge Kunst, Bolzano/Bozen, 09.06.2023 – 29.07.2023
¹ Lee, Dorothy, “Lineal and Nonlineal Codifications of Reality,” in Symbolic Anthropology: A Reader in the Study of Symbols and Meanings, Dolgin, Janet L., Kemnitzer, David S., and Schneider, David M. (eds.), New York: Columbia University Press, 1977: 151-64.
² Dorothy Lee (1959) “Being and value in a primitive culture” and “Codifications of reality: Lineal and nonlineal”. In Freedom and Culture, pp. 89-120. Prentice-Hall, Inc.
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