Hard: l’assurda pubblicità (1963) | collage su cartoncino | cm 36×25

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26 mercoledì Mag 2021
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Hard: l’assurda pubblicità (1963) | collage su cartoncino | cm 36×25

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22 sabato Mag 2021
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Quale razza d’arte è quella pubblicata e criticata su alcune riviste atroci sia nell’impaginazione sia nelle riproduzioni dagli orribili colori, impossibile a digerire anche a un primo sguardo: indignazione e ribrezzo sono gli unici sintomi che producono in una, seppur modesta, persona acculturata. Non basta l’ironia e il disincanto per sopportare tali onte o tali banalità ché ancor quelle rivoltano lo stomaco e con esso il senso del pudore. Alle pareti della maggioranza delle borghesi abitazioni nazionali e internazionali, fanno mostra appesi orripilanti trofei strappati ai mercatini o ai mercanti (si divertono, loro, a imbonire gli idioti acquirenti), cose indescrivibili dagli scintillanti colori (stranamente fluorescenti) dei paesaggini nevosi alle fette di anguria, dai ritratti velinici ai fiori morti stecchiti e graveolenti odore di putrefazione, dai pesci lucidi di squame rosse gialle verdastre agli strumenti musicali lisci e anch’essi morti nel silenzio imposto dalla stupidità del soggetto. Che cosa ne fanno delle loro povere ma presuntuose abitazioni? Solo luoghi di incultura, luoghi squallidi e degradati. Talvolta appaiono composizioni di fotografie ma anch’esse di banalità calendariale e peggio ancora gruppi di famiglia con bambini in pannolini. Meglio la capanna eritrea, etiopica, keniota, congolese, amerinda, esquimese, ecc. povera ma vera, essenziale e per questo stupenda in armonia e insostituibile ombelico del mondo.
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15 sabato Mag 2021
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… a questa carta folle (1976) | collage, pennarello e tempera su cartoncino | cm 70×50

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08 sabato Mag 2021
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Un premio per 5000 punti. Qual è quella cosa per cui non ti danno un aggancio? Buoni premio, punti premio, tesserine di sconto, telefonate gratis se fai un tot di spesa mensile, digitale a detrazione se fai un altro tot di risposte azzeccate… E’ un’idiozia commerciale che stressa, come i fascicoli in più nel giornale che ti pesano in mano o nella borsa: il giornalaio non li prende indietro perché ingombrano la piccola edicola. Nel supermercato è meglio: non visto puoi sfasciare la confezione e lasciare il malloppo nello scaffale. Molto spesso dentro le pagine c’è il buono per andare a un teatrucolo di periferia o per pagare un po’ meno certe cose che proprio non t’interessano; insomma ti vogliono programmare ogni mossa, ogni minuto, ogni passo, ogni pensiero… altrimenti sei un qualunquista o un anarchico. Nella cassetta della posta le lettere importanti sono nel bel mezzo delle reclami fitte fitte tutte infilate, anche a costo di fisico rigetto, in malo modo nell’angusto vano! Spesso pendono al di fuori con, magari, l’avviso della raccomandata o la bolletta del gas o qualche altra più importante missiva in pericolo di perdita per qualsiasi fortuito colpo di vento. Torniamo ai punti buono: la mazzetta dei tali è riposta in un cassetto, ogni volta che aggiungiamo dobbiamo ricontare il tutto, viene sempre la maligna voglia di buttarlo nel cassonetto ma, ogni volta desistiamo stupidamente confidando nel futuro premio. Che razza di condizionamento è questo? Perché soggioghiamo all’idiota occulto futuribile? Dov’è la scelta personale non eterodiretta? Non esiste più: tutto fa parte del condizionamento dei mass media, anche rendendosene conto non sfuggiamo: è quasi umanamente impossibile.
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01 sabato Mag 2021
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Tag
Arte Contemporanea, Contemporary Art, Eugenio Miccini, Gruppo '70, Lamberto Pignotti, Lucia Marcucci, Performances, Poesia Visiva, Visual Poetry
POESIE e NO 3 (1965)
Lucia Marcucci, Lamberto Pignotti.

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24 sabato Apr 2021
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Grande la possibilità dell’individuo di spostarsi da un parallelo all’altro, longitudine e latitudine, fuso orario, tutto compreso. Ormai i collegamenti fra scali aerei e navette erano al massimo delle loro potenzialità, il programma di linea indubbiamente perfetto, gli orari rispettati al nanosecondo, dunque il viaggiatore non perdeva un attimo del suo tempo. Tutto questo succedeva nel duemilacentocinque dopo circa un secolo di ricerche sui tempi d’imbarco e di sbarco, sui voli planetari, sui rapporti fra compagnie aeree e società autostradali, non trascurando le ferrovie e i trafori sottomarini intercontinentali. I viaggi avevano ripreso a essere il passatempo più attuato, non c’era persona che non avesse fatto cento volte il giro della Terra intervallato da qualche tour intergalattico, con intensa soddisfazione degli stessi utenti e degli operatori che incameravano lauti guadagni. Così, essendo presi da questa preponderante attività i popoli non scendevano più in conflitti, la pace assicurata rendeva un po’ monotono il flusso dell’economia ma d’altra parte era risolto il problema delle guerre e non sembrava poco! La pubblicità esaltava tutti i luoghi visitabili e non, ma, siccome erano veramente universali, nessuno si lamentava; avendo una grande soddisfazione globale e interstellare, tutto si equiparava magnificamente. Gli uomini politici erano tutti proprietari di agenzie di viaggio, anche i capi di governo avevano lavorato in gioventù nel settore turistico e dunque il motto globale era: mai fermarsi. Gli intellettuali non potevano permettersi di sedere al computer più di un’ora al mese, d’altra parte i computer erano divenuti tascabili e nulla ostava che potessero portarli in giro e lavorare nel frattempo dei frenetici spostamenti. Chi si azzardava a sottrarsi ai viaggi veniva subito indagato e poteva subire un processo con annessa condanna. Non avveniva spesso, era inverosimilmente assai raro, sembrava che gli umani si fossero ben adattati al moto perpetuo, a vivere nell’infinità dello sballo, come il progenitore Shiva.
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17 sabato Apr 2021
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Poesia multiforme (1997) | collage e acrilici su tela | cm 72×72

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10 sabato Apr 2021
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Il volo continuava non lineare: le rotte si intersecavano e disegnavano stranissimi ghirigori, in alto e in basso, incrociandosi e allontanandosi, ancora intrecciandosi quasi un ricamo a punto chiaccherino. Aveva una scia opalina, di tanto in tanto cadevano le penne gialle e azzurre dal corpo magro della sciamana e la scia prendeva sempre più il colore dell’iride ma molto soffuso, sbiadito. Le penne cadendo verso la terra o nel mare lasciavano come dei segnali del passaggio a nord-ovest, a sud-est, a est-nord, a nord-sud. Galleggiavano sulle onde o si posavano lievemente sui prati e sugli alberi, sulle case e sulle strade, solo pochi umani erano attirati da queste piume di cui solo alcuni si domandavano da dove venissero. La distrazione faceva da padrona, solo rari privilegiati, salutarmente curiosi, rimanevano attoniti dal fenomeno. Per la sciamana (iniziata alla categoria essendo nata con il corpo ricoperto da un bel grasso bianco e spesso) doveva essere un momento di perplessità, forse di sgomento perché i suoi giri volanti si prolungavano e ritornavano su se stessi frequentemente, planando in picchiata su luoghi non sperimentati o già visitati, risalendo subito dopo per la delusione. Cercava nuovi affascinanti territori e situazioni da estrarre e manipolare a suo piacimento ma non sembrava facile. Il volo si interruppe in un istante: aveva scorto strane costruzioni su un’isola molto somiglianti colonne a tortiglione, brulicanti, fino alla vetta, di uomini che si affaccendavano in un continuo percorso in su e in giù, avanti e indietro. Quella specie di bolgia sembrava non avere fine e non avere principio, infatti le enormi colonne sprofondavano nel terreno a mo’ di trapano e forse erano proprio i “brulicanti” a farle girare. Dalla madre terra al padre cielo in un continuo lavorio alienante. La situazione poteva suscitare un forte interesse ponendosi la domanda del perché tutto quel tramestio, per raggiungere cosa? Per trascorrere tutta la vita (i brulicanti avevano diverse età, dall’infanzia alla vecchiaia) occupati, in continuità d’impegno, né riposo né ozio, sempre in stretti giri avvitanti? E’ ciò che può dare la felicità? O, perlomeno, la tranquillità? Si potrebbe spiegare con una grande, impressionante fede fondamentalista.
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03 sabato Apr 2021
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Ego (1982) | tempera e collage su cartoncino | cm 71×50

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27 sabato Mar 2021
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Gli Oscar per i film più volgari in assoluto vanno sempre ai paesi capitalisti che possono permettersi effetti speciali e attori super pagati a profusione. Gli effetti diventano ultrafantastici, quasi incredibili. Ormai i computers raggiungono tutto lo scibile del possibile, niente è tabù, perfino i colori hanno aspetti nuovi da non poterli razionalmente descrivere: l’iride diventa una bazzecola! I colori dello spettro della luce non hanno fine: forse dio è lì (nel computer, o nei colori?). La teoria dei colori di Goethe è un grande guazzabuglio, non sappiamo se il poeta avesse cercato dio proprio in quel guazzabuglio, ma se così fosse non l’avrebbe trovato. Invece viene trovato nei film americani, immancabilmente banalizzato ma raggiunge al cuore il pubblico che ne magnifica tutti gli aspetti e ne esalta la superficialità: è questo che vogliono raggiungere? L’incantamento totale senza critica e senza pensieri, la pacificazione ebete della mente, il raggiungimento dell’estasi dionisiaca e del paradiso! Dio. Versare il vuoto nel nulla. Continuare così assorbendo le comunicazioni e non elaborando: troviamo una fossa puzzolente di miasmi putridi, di cervelli in putrefazione. Non saltando di palo in frasca possiamo asserire che i film più cretini e lontani dal, seppure elementare, linguaggio filmico sono prodotti italiani: le commedie più becere, più volgari e stupide; com’è possibile che esistano persone che ci lavorano credendoci e soprattutto che vanno a vederli? Le vie del guadagno sono veramente infinite, infinite quelle dello spreco e dell’ignoranza. Per via di metafore potremmo raggiungere la complessità di un trattato sociologico da fare invidia ai migliori esperti del settore.
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