In una società che ha un’enorme potenza di produzione, diffusione mantenimento di modelli culturali nessun “gruppo” può permettersi il lusso di esimersi da una ridefinizione di sé e della propria situazione.
Dal gineceo greco alla donna ideale del Cantico dei Cantici, dalla Amazzonomachia alla Madonna, dalla clitoridectomia alla Grande Madre, dall’impurità mestruale alla Bernardomania… ma la dea Nyx depose l’uovo d’argento!
E dunque proviamo a ri-definire se non il gruppo, l’opera del gruppo, l’opera d’arte, l’atto creativo come momento di androginia: allora possiamo dire con Kandinsky che «la creazione di un’opera è una creazione del mondo»³, o meglio direi, una ri-creazione da parte dell’artista che esige una speculare ri-creazione da parte del fruitore. Ogni opera d’arte è una sintesi unificante di opposti: Eros e Thanatos, Apollo e Dioniso, maschile e femminile, attivo e passivo; il fruitore quindi deve diventare amatore;” perché il rapporto artista-pubblico è un rapporto implicante la presenza di un Eros mediatore. Riconoscendo quindi in ogni atto creativo, e nell’arte che ne è l’espressione per antonomasia, la riuscita sintesi delle opposte polarità maschile-femminile, attivo-passivo, consideriamo l’artista demiurgo e sacerdote, sciamano e riconciliatore, riunificatore degli opposti in una nuova armonia, in una coincidentia oppositorum rispecchiante la fondamentale androginia di ogni creatore celeste, se, per dirla con Scoto Eriugena «Dio è androgino perché è tutto (…) numerose erano le divinità chiamate Padre e Madre»⁴ alludendo alla loro autogenesi oltre che ai loro poteri creativi. Anche nello Zohar si parla di sacro connubio: nello hieros gamos si compiva l’unione delle due sefiroth Tifereth e Malkuth, dall’aspetto maschile di Dio con quello femminile, l’Adam Kadmon la qualità creatrice.
Dall’illo tempore si narra sempre di esseri divini neutri o androgini, che generano e partoriscono autonomamente: loro simbolo è l’uovo cosmico (l’uovo d’argento della dea Nyx?), dalla cui divisione in due parti, Cielo e Terra, nasce il mondo. Tutti i miti della creazione si basano su un processo di differenziazione in seguito alla rottura dell’unità primordiale: sull’uno che diventa due. La partenogenesi implica l’androginia «… dal Caos nacquero Erebo e Notte, la Terra da sola generò il Cielo Stellato, … Hera, la sposa-sorella di Zeus, partorì da sola, a “dispetto di lui”, Efesto e Tifeo» Esiodo⁵ rivela così la più antica natura medio-orientale della Grande Madre androgina. La Grande Madre crea sotto il segno della Luna e manifesta il suo lato maschile nel serpente, che è il «fallo lunare», «mitico marito» di tutte le donne; la bisessualità chiede la luna mediatrice tra Cielo e Terra, protettrice e fondatrice di ogni rito iniziatico di androginia rituale al recupero dell’unità primordiale, momento magico di una confluenza nell’adepto delle potenze di entrambi i sessi, faccia dello specchio dell’androginia divina, il cui simbolo, indicante la perfezione degli inizi, è il rotondo senza principio né fine, l’Ouroboros (il serpente occidentale o il drago orientale che si morde la coda), che si genera e si concepisce, si divora e si partorisce, è attivo e passivo, è sopra e sotto, immobile ed eterno nel suo continuo divenire: pregnante rappresentazione del grembo materno primario, dell’utero arcaico contenente ogni opposta polarità, caos atemporale ma annunciante future creazioni.
È creazione anche nel movimento della ruota che gira su se stessa, movimento come segno maschile, rotondità come femminile, utero fecondabile e fecondato. Il figlio come terzo sesso (l’androgino platonico del Convito), da padre e madre che di entrambi è la sintesi, androgino sferico, prole della Luna, sintesi dei due sessi: quello maschile, solare, quello femminile,tellurico. Dall’unione maschile femminile nasce l’infinita varietà del mondo, dall’unione tra la luce e l’ombra, luce apollinea, solare, diurna, ombra tellurica, lunare, dionisiaca. Il mito dell’androgino platonico – dice Fornari⁶ – sarebbe la rappresentazione del concetto di gravidanza che si attua nel «tempo antico» mitico dello stato fetale, come rappresentazione quindi dell’utero gravido, che è insieme contenente e contenuto, apparentemente passivo nella sua intensa attività, utero-vagina che contiene un bambino-fallo.
Caotica e onnipotente, questa androginia primaria, simbolo della fusione simbiotica tra madre e figlio (incesto uroborico), peccato fondamentale di hybris, arrogante autosufficienza che esclude ogni altro e che Zeus-padre, geloso e incollerito punirà con un taglio, “taglio” che in psicanalisi, è quello del cordone ombelicale, che indica la rottura del cerchio della simbiosi incestuosa madre-figlio, e tale rottura implica anche una scelta di identità, una scelta di oggetto di amore, un essere ormai uomo o donna, quindi accettazione della perdita dell’onnipotenza; questa androginia primaria dunque subisce un trauma per la rottura della beata unità originaria. La bisessualità psichica sarebbe un tentativo non sempre riuscito, di negare questa insopportabile verità, il rifugiarsi, come già Narciso, nella nostalgia di un «inaccettabile altrove», verso «un altro luogo», un altro sesso, perduto in seguito a quella catastrofe che è la nascita, inesorabile cacciata dall’Eden e che comporta il rischio – secondo Fornari – di una inimicizia tra il bambino e la madre⁷.
Del resto anche lo sciamano in quanto mediatore, medicine-man, talvolta psicopompo ha caratteri bisessuali e, nel suo tentativo di ritornare ad un caos informale ma fecondo di possibilità, instaura l’androginia uroborica in ogni partecipation mystique. E le principali funzioni nel rito del misticismo cabbalistico presentano il sacro connubio, la «coniunctio del maschile e del femminile» nona sefirah, Yesod, potenza – descritta con un simbolismo fallico spesso aperto – della generazione, del fondamento di tutto ciò che vive, che garantisce e compie lo hieros gamos, che è anche espressione della presenza all’interno di Dio di potenze femminili.
(continua…)
³ W. Kandinsky, Punto, linea, superficie, Milano, Mondadori, 1958.
⁴ T. Gregory, Il pensiero di Giovanni Scoto Eriugena. Tre studi, Firenze, Le Monnier, 1963.
⁵ Esiodo, Teogonia (a cura di G. Arrighetti), Milano, Rizzoli, 1984.
⁶ F. Fornari, «Il Padre Signore della Morte», in AA.VV., In nome del Padre, Bari, Laterza, 1983.
⁷ F. Fornari, op. cit.
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