La sciamana vola in qua e in là distraendosi spesso dal suo stravagante itinerario per seguire qualche uccello migratorio e posandosi di quando in quando sul più prossimo nido di cicogna che le capita d’incontrare, si liscia le poche penne che ormai le rimangono anche sull’antico copricapo, reperto quasi archeologico della sua stirpe, molto amato ché più di tanto non potrà avere, ormai nulla le resta delle sue origini nordiche nate nelle lontane steppe siberiane. La sua progenie in illo tempore si trasferì nella Prussia dove lasciò molto delle antiche tradizioni dei medicine men, cosicché fece un potpourri di sciamaneria varia lasciandoci anche un bel po’ di piume. Non solo piume ma soprattutto sangue, sangue nelle tante guerre che dovettero affrontare i suoi biondi avi, divenuti via via più rimbambiti e implumi, torturati da rimorsi, perdite di denaro, perdite di stemmi e baronie. Le varie sciamane della discendenza, nate ricoperte del bianco grasso, camicia placentaria indicante la vocazione, tennero tutte alta la fama della famiglia compiendo vari miracoli, premonizioni e guarigioni ma tuttavia le disgrazie funestarono numerose gli eredi nei secoli che si succedettero; l’ultima disgrazia più eclatante fu la partecipazione di un giovane rampollo all’attentato fallito verso uno spietato dittatore per cui quel ramo della famiglia fu sterminato.
Quando la sciamana si rammenta di ciò vola improvvisamente basso e rischia di perdere, strisciando sulle antenne televisive paraboliche e no, le ultimissime penne che ancora ricoprono il suo corpo.
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