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L’incipit è sempre stato per lo scrittore un vero problema: deve cambiarlo, deve personalizzarlo, deve essere più originale, vario al massimo, inusuale, straordinario, stupefacente, inaspettato, ambiguo tale da solleticare la curiosità, promettente chissà quali trame, accattivante, incantevolmente magico, ammaliante; ogni promessa è un debito! Purtroppo nella maggior parte dei casi tutte queste promesse non sono mantenute e il seguito è una solenne delusione. Lo scrittore deve farci continuamente la sua cruenta battaglia e spesso non risulta vincitore, anzi quasi sempre, soccombe: per la gioia dei lettori, per la pigrizia e per l’invidia dei medesimi. Può darsi che l’avvio sia entusiasmante come: “l’alba di un rosa acceso profumava di verbena… il vento diffondeva piccoli mucchi di petali… il tramonto orlava di cremisi le nuvole all’orizzonte… l’uomo riverso sul davanzale colava sangue dalle orecchie… le grida gioiose delle ragazze si alzavano fino a raggiungere i piani nobili… era intenso l’odore dei cibi a base di pesce… il lento ondeggiare del mare al chiarore della luna… il dio supremo benediceva i fedeli inginocchiati… stando così le cose non abbiamo altro da aggiungere… quanto all’uomo il cui bene coesiste con il male… la folla si spingeva in una folle corsa alla ricerca di un tozzo di pane… il profumo di violetta persisteva immutato”. Lo scrittore ha sfogliato tutti i suoi reperti letterari alla ricerca di ulteriori spunti ma invano riuscirà a cavarsela dignitosamente, di frequente sarà angustiato da un persecutorio dolore di stomaco e da un conseguente alito cattivo. Non sarà confortato dalle vendite consolatorie e dagli indici di ascolto come se fosse, per puro caso, anche uno spikerperforman.

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