La città di Kobpah, a est della Russia, nelle desolate terre della penisola Kamčatka, è popolata dagli Evens, particolarissima etnia forse amerinda, vengono chiamati gli indiani della Siberia a ragion veduta perché giunti probabilmente dall’Alaska. Essi vivono appartati, sospettosi verso qualsiasi visitatore proveniente dai popoli occidentali, il loro sistema promiscuo (abitano insieme molte famiglie, compresi alcuni animali) è basato soprattutto per la scarsità di rifornimento dei materiali occorrenti per erigere le capanne che sono nella maggior parte costruite con pelli e ossa di renne e, più raramente, di orso; le renne sono il loro sostentamento: carne, latte, grasso, sangue, feci; queste ultime, essiccate, servono da combustibile. Il sole proietta per circa un mese le ombre lunghe, per il resto dell’anno la luce è soffusa. La sciamana svolge i suoi riti dopo la cattura del maschio della renna: preleva il pene dell’animale, lo succhia fino a ridurlo a tubo del tutto svuotato e raggrinzito dopodiché lo appende alla sua collana che via via aumenterà di questi trofei. In tempo remoto, ma non tanto, questo scherzetto veniva fatto ai nemici maschi quasi sempre mentre erano ancora in vita. Gli Evens hanno un’altra curiosa consuetudine: si confezionano copricapi con le corna di renna e si danno battaglia non disdegnando di farci partecipare anche le donne; talvolta avviene un groviglio pauroso e solo slacciando quei buffi cappelli riescono a divincolarsi, ma la faccenda ancor più umoristica consiste nel pudore che rivelano a capo scoperto quasi fosse una parte da tenersi sempre e costantemente nascosta, difatti chi resta con il capo nudo perde ed è preso in giro da tutti, non solo ma viene cosparso di acqua che subito diviene gelata: la cosa non deve essere per niente piacevole, anzi spesso si rivela una crudele tortura, ma per la maggioranza degli astanti è puro gaudio o godìo che a dir si voglia.
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